Il 21 marzo è per tutte e tutti noi una giornata molto importante dal punto di vista simbolico, ma una giornata come un’altra dal punto di vista pratico perchè la lotta al razzismo la conduciamo quotidianamente nelle nostre realtà. Pubblichiamo volentieri l’articolo di Filippo Miraglia.

Il 21 marzo 1960 a Sharpeville, in Sudafrica, la polizia apre il fuoco su migliaia di manifestanti che protestano contro la decisione del governo di introdurre un lasciapassare obbligatorio per i sudafricani neri che entrano in aree urbane nelle quali vivono i bianchi. Muoiono 69 persone e centinaia sono i feriti.

Le Nazioni Unite il 26 ottobre 1966, in memoria di quella strage, istituiscono la Giornata internazionale contro il razzismo. Questi i fatti storici.

Sono passati 54 anni da quella giornata e l’Europa è attraversata ancora una volta da una ventata di razzismo e xenofobia che rischia di essere ampiamente rappresentata nel prossimo Europarlamento.

La crisi globale, che ha prodotto e produce ingiustizie, disoccupazione e povertà alimenta anche degrado culturale ed etico, favorendo la crescita di movimenti politici di estrema destra.

La risposta delle democrazie europee a questo pericoloso fenomeno è stata debole e contraddittoria. I governi e la Commissione hanno adottato scelte, in campo economico, che rispondono ai diktat della finanza e delle banche, non dando risposte al disagio sociale e alla disoccupazione. I cittadini e le cittadine si sono sentiti sempre meno rappresentati dalle istituzioni europee, è cresciuta la sfiducia e la rabbia, si sono determinate così le condizioni per l’affermarsi di formazioni politiche fasciste e neonaziste, che basano il loro consenso sulla costruzione sociale del nemico. È proprio la logica della contrapposizione strumentale e del capro espiatorio che ha generato gli orrori del secolo scorso, ma anche le guerre più recenti nel cuore dell’Europa, a partire da quelle nella ex Jugoslavia, e oggi rischia di diventare uno dei tratti principali dell’identità europea.

Il vuoto lasciato dalla politica tradizionale, dai partiti e dalle istituzioni, che hanno rinunciato al rapporto diretto con le persone, alla rappresentanza dei loro bisogni, ha aperto uno spazio enorme alla penetrazione di messaggi e modelli populisti. Per contrastarne l’egemonia serve una forte, capillare e specifica iniziativa politica e culturale.

L’Italia ha, da questo punto di vista, una responsabilità enorme, come dimostra la nascita e il radicamento di una delle forze politiche più esplicitamente razziste, la Lega nord, che ha rappresentato per anni un punto di riferimento per chi coltiva sentimenti xenofobi.

Aver consentito la presenza, in posti chiave del governo nazionale, di esponenti di quella forza politica, ha di fatto sdoganato quel razzismo istituzionale che rischia di essere largamente rappresentato nel prossimo Parlamento europeo.

Proprio la ‘legittimazione’ di atteggiamenti, prese di posizione, scelte di carattere razzista da parte di chi siede nelle istituzioni, e che addirittura ha ricoperto incarichi di governo, ha favorito il diffondersi, spesso tra le fasce di popolazione più in difficoltà, di sentimenti e comportamenti analoghi.

L’obiettivo prioritario delle forze sociali, delle organizzazioni e dei movimenti antirazzisti nel prossimo periodo deve essere quello di condurre una battaglia culturale e politica contro tutti i razzismi, a partire da quello istituzionale. Se non si ha ben chiaro questo, e cioè che vanno innanzitutto contrastati i messaggi più o meno esplicitamente razzisti che partono da istituzioni nazionali ed europee, non basteranno campagne o mobilitazioni perché la nostra battaglia risulti vincente.

La campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, il semestre italiano di presidenza dell’Unione europea possono rappresentare una straordinaria opportunità per metter in campo una coalizione ampia per contrastare il razzismo e le forze che su di esso basano le loro fortune politiche.