(Da Arcireport n. 27)

– Giovedì 23 Giugno scorso abbiamo contribuito alla buona riuscita della manifestazione davanti al Parlamento, promossa unitariamente dalla campagna ‘I diritti alzano la voce’ e dal Forum del Terzo Settore. Per la prima volta dopo anni erano insieme organizzazioni sociali, enti gestori, con la presenza davvero straordinaria delle associazioni dei disabili. Insieme, perché comune è la convinzione che i tagli al welfare, devastanti e dequalificati, non solo stanno facendo saltare i servizi alla persona e alla famiglia, ma riducono anche lo spazio pubblico quale dimensione di crescita e protagonismo dell’ autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati. Il messaggio che esce dalla manovra del Governo è che dentro la crisi non c’è spazio per le politiche pubbliche, per le relazioni sociali, non c’è spazio per giustizia e coesione sociale.
Sappiamo invece che un’altra politica economica e sociale sarebbe possibile, con riforme strutturali vere, con la civilissima tassazione sulle rendite finanziarie e grandi patrimoni sulla media europea, con la lotta vera all’evasione fiscale e al sommerso, una moderna politica industriale ed energetica, un nuovo welfare; sono questi alcuni dei temi da affrontare per ridare fiato e forza alle politiche pubbliche, anche locali; riprogettando il patto sociale tra le generazioni, tra nord e sud del Paese, tra Istituzioni, politica e società. Sarebbe possibile, con un diverso orizzonte, sperimentare e innovare un Paese nel quale i cittadini e i soggetti della rappresentanza sociale, economica, del lavoro partecipino da protagonisti.  D’altronde, se guardiamo indietro di qualche
anno, ci ricorderemo di come la Finanziaria che ci portò in Europa, varata dal Governo Prodi, insieme a tanti meno, vedeva alcuni più; e quei pìù erano sul fondo nazionale per le politiche sociali, erano per la legge 285 con il primo Fondo Nazionale per i servizi alla maternità e ai minori. Era l’idea, pur dentro
un quadro di Governo che ha mostrato contraddizioni e limiti, che un Paese deve ritrovare fiducia in se stesso, nei suoi cittadini, in coloro che stanno peggio, se vuole uscire unito e rinnovato da una condizione di crisi. Al contrario la manovra depressiva presentata dal ministro Tremonti inciderà gravemente
su un sistema già logorato. 68 miliardi complessivi da qui al 2014, di cui 17 miliardi solo dalla delega fiscale e assistenziale, che produrranno di fatto quasi l’azzeramento delle prestazioni assistenziali, provvidenze economiche, assegni di invalidità, trasformando l’assistenza da forma di giustizia sociale a servizio compassionevole delegato al buon cuore ‘dei privati’. Nel biennio 2013/2014 taglierà di 8 miliardi il finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza
Sanitaria, introducendo nuovi ticket, obbligando i cittadini, quelli che possono, verso la sanità privata e costringendo le persone più deboli a rinunciare alle cure mediche.
Questo mentre il Censis ci dice che la spesa sanitaria per famiglia è giunta alla media di mille euro. Verranno ulteriormente ridotti i trasferimenti agli Enti Locali, sempre più indeboliti nella capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini, ma anche nella capacità di essere soggetti attivi della crescita e del
benessere. Si riduce insomma anche lo spazio pubblico, la politica, quella vera, che costruisce futuro, capace di unire diversi sguardi e saperi attorno ad un obiettivo di bene comune. Si determina maggior sfiducia nei singoli, stretti e isolati ciascuno nel proprio quotidiano bisogno. Tutto questo ci dice
che dobbiamo accelerare, farci protagonisti di un nuovo fronte sociale e politico ampio, unitario, che mostri il volto e il progetto di un’altra Italia, del Paese nuovo per il quale vogliamo impegnarci.
Le energie ci sono, come ci dice la straordinaria manifestazione delle donne di questi giorni, come ci ha dimostrato la mobilitazione referendaria. È questo che si aspetta quella parte dell’Italia che non ha mai smesso di sentirsi ‘dalla parte buona della vita’, ma anche quegli italiani, vecchi e nuovi, che vivono sulla propria pelle la disillusione per i fallimenti e le ingiustizie di politiche fallimentari e pericolose.
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