Dichiarazione di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci

Gli attentati all’aeroporto e alle stazioni del metrò di Bruxelles ci riempiono di orrore e di dolore per le vittime.

Il computo dei morti, già oltre trenta, e dei feriti, almeno cento,  si allunga di ora in ora. Siamo di fronte ad un terribile salto di intensità nella strategia terroristica. Probabilmente da ascrivere anche alla cattura di uno dei terroristi jihadisti ricercato dopo la strage di Parigi e alla sua decisione di collaborare con le forze di polizia. Ma al di là delle analisi e delle supposizioni è evidente l’intento politico dell’atto terroristico: colpire il cuore politico e istituzionale dell’Europa, non semplicemente una capitale europea, ma quella dove hanno sede le istituzioni dell’ Unione europea.

 

Respingere quest’attacco richiede una grande fermezza da parte delle istituzioni, dei governi, dei popoli e dei movimenti per la pace europei.

Una risposta basata sull’accelerazione dei preparativi della guerra in Libia non farebbe che dare respiro ad una strategia terrorista e la aiuterebbe a stringere le proprie fila. D’altro canto la barbara chiusura verso i processi migratori, con muri, filo spinato o “accordi” di rimpatrio forzato, ovvero di deportazione, come quello con la Turchia, ottengono solo il risultato di accrescere la disperazione, contribuendo a creare un clima favorevole al terrorismo omicida.

 

L’Europa è di fronte a una prova decisiva. Se vuole salvare sé stessa,  l’incolumità di chi la abita, sia nativo quanto migrante, deve muoversi sullo scenario mondiale con i mezzi della politica; agendo per spegnere gli incendi e i focolai di guerra; evitando di dare credito a regimi che praticano al loro interno le più pesanti misure repressive, fino alla tortura e agli omicidi di stato;  sgombrando il campo da relazioni ambigue con governi ed elite che sostengono gruppi terroristici e lo stesso Daesh; abbandonando l’idea che dai conflitti armati, dai bombardamenti indiscriminati che spesso colpiscono civili inermi e dalle possibili scomposizioni geopolitiche nel medio oriente possano derivare benefici e vantaggi economici.

 

E’ facile predicare politiche di pace quando il pericolo è più lontano. Assai più difficile è farlo di fronte a guerre che si allargano e a un terrorismo che agisce su uno scenario mondiale.

Ma dare forza a politiche di pace, cooperazione e integrazione proprio ora è tanto più necessario, per salvare la nostra libertà, la nostra democrazia.

 

Roma, 22 marzo 2016