Un corteo immenso, come solo le grandi convergenze unitarie di tante identità e culture riescono a produrre, è stato ieri distrutto.
Doveva essere, per comune decisione di tutte le forze che lo avevano organizzato, un corteo pacificamente indignato, popolare e accogliente. Durante e dopo il corteo si sarebbero dovute produrre, promosse da diverse organizzazioni, performance e azioni diverse. In molti si sarebbero accampati per la notte a San Giovanni, al Colosseo e ai Fori Imperiali per simboleggiare –attraverso la riappropriazione delle piazze e delle strade- la volontà di riprendersi il diritto alla partecipazione, la democrazia, i diritti di cittadinanza.
Nulla di questo si è potuto realizzare. Alcune centinaia di persone, del tutto sconosciute al comitato organizzatore del corteo,  hanno deciso di spazzare via centinaia di migliaia di manifestanti, espropriandoli del loro diritto a manifestare. Niente che a vedere con la rabbia contro il potere e i responsabili della crisi: la furia si è rivolta invece contro il gigantesco e straordinario corteo degli indignati italiani.
Il corteo, dove ogni spezzone aveva il compito di garantire la sua autotutela in modo coordinato con gli altri, niente ha potuto contro un attacco così brutale, prolungato, diretto. Chi ci ha provato, come il militante di Sel che ha cercato di evitare l’esplosione di una bomba carta gettata in mezzo ai manifestanti, ha perso due dita e versa in gravi condizioni. A Piazza San Giovanni, migliaia di persone indifese sono state terrorizzate – oltre che dalle brutalità degli incappucciati -anche dalle cariche della polizia che inseguiva i violenti.
Una ferita grande e profonda è stata inferta al mezzo milione di persone che era in piazza, e ai milioni di simpatizzanti di un movimento nuovo, giovane, pacifico che rappresenta la legittima protesta di interi settori di popolazione e delle nuove generazioni. Già altre volte nel nostro Paese la violenza ha cercato di fermare il vento della partecipazione. Non ci è mai riuscita, anzi ha fatto scendere in campo nuove e più forti energie di cittadinanza. Sappiamo che sarà così anche questa volta, e che le ragioni dei milioni di indignati di questo Paese troveranno il modo, sin da domani, di farsi valere come meritano.
Roma, 16 ottobre 2011