La stimolante riflessione di Antonella Franciosi, presidente di Arci La Spezia, e Francesco Marchese, presidente di Arci Val di Magra (da Arcireport n. 39) –

S ono passate due settimane da quando la pioggia si è portata via un pezzo del nostro territorio e se sul momento è stato difficile dire qualche parola con il passare del tempo la situazione è peggiorata. Nel frattempo, è incredibile, ma alle immagini della nostra sciagura si sono aggiunte e sovrapposte quelle del disastro genovese. Dunque in questi giorni mentre a noi non vengono alla bocca parole adeguate a quello che abbiamo visto – tanto meno sopraggiungono pensieri ordinati – ci sono toccati purtroppo e invece fiumi di parole inu-tili e irritanti. Per esempio dopo che è stato spiegato a generazioni di contadini/operai che dovevano far studiare i loro figli – e magari anche le loro figlie, speriamo – le parole ci hanno spiegato che quei figli dovevano continuare a fare il mestiere dei genitori, piegati insieme alle loro mogli su quella terra così bassa e così faticosa. Poi le parole hanno stigmatizzato l’operato del partito trasversale del cemento. Ed è senz’altro vero che si è molto costruito e si è costruito molto male e nei punti sbagliati. Ma è altrettanto vero che in molti casi le leggi sono così tante e difficili da rispettare e da applicare che fini- sci sotto processo per un muretto abbattuto a Monterosso, ma ci vogliono 40 anni per abbattere il più grosso e vistoso abuso edili- zio del Golfo dei Poeti. Immagino sia un’esperienza comune a molti luoghi. Dunque si sono sentite e lette molte parole superficiali e offensive delle nostre intelligenze e del lutto del nostro territorio. È mancata invece una riflessione seria che cercasse di capire davvero come evitare ulteriori disastri in futuro, nel levante ligure come ovunque, a partire dalle condizioni reali dei luoghi, ambientali ed economiche. Perché non si può pretendere che le persone non vogliano per i propri figli una vita meno faticosa della propria solo per- ché abitano tra i monti o che rinuncino a sfruttare il turismo se vivono in paesaggi da cartolina per continuare a vivere d’uva. Si può però pretendere che queste legittime aspirazioni di miglioramento di vite siano inserite in un progetto, adeguatamente sostenuto economicamente, che vada oltre la generazione delle figlie e dei figli che pensi sì a quello che accadrà domani ma anche a quello che accadrà tra trent’anni. Questa programmazione a lunga scadenza dovrebbe essere compito della politica, che dovrebbe correggere le pulsioni del nostro progetto individuale e dirigerle a favore del territorio e del suo futuro collettivo. Per questo delicato compito abbiamo scelto, o meglio, sappiamo scegliere gli attori adat- ti? E naturalmente il problema non si pone solo qui e ora. La questione è generale e da tempo riguarda chi è amministrato e ben più chi amministra. In altre parole, ci siamo resi conto davvero in questi anni che votare non è un esercizio di stile e che l’assegnazione di un posto di governo a una persona piuttosto che ad un’altra può sul serio cambiare la vita di un territorio e dei suoi abitanti con conseguenze anche per le generazioni a venire?

Info: antonellafranciosi@libero.it – marchese@arciliguria.it