La dichiarazione di Paolo Beni, presidente nazionale Arci, e Franco Uda, presidente Arci Sardegna – Non ci si può immaginare una rappresentazione più forte della morte del lavoro in Sardegna di quella messa in atto da alcuni giorni da diversi operai della Carbosulcis nella miniera di Nuraxi Figus, nel sud-ovest dell’Isola: lavoratori che scelgono di barricarsi nelle viscere della terra per porre all’attenzione di tutti l’inesorabile seppellimento di qualsiasi prospettiva di futuro e dignità per loro stessi e per le loro famiglie. Come molti altri lavoratori pagano il prezzo di una crisi che sfinisce la Sardegna ormai da troppo tempo e a cui l’attuale drammatica congiuntura internazionale potrebbe dare il colpo di grazia finale.

 

Sprofondano, insieme alle legittime richieste dei lavoratori, anche le loro comunità e tutta la società sarda che per l’ennesima volta si sentono abbandonate al proprio destino da quelle stesse logiche politiche, economiche e industriali che le avevano sedotte con l’effimera illusione di un modello di sviluppo imposto dall’alto e di stampo colonizzatore, in molti casi datato e inadatto a quella necessaria flessibilità di riconversione che avrebbe potuto fare la differenza e che oggi va reinventata ex-novo.

 

L’Arci esprime tutta la sua solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie che si trovano costretti a intraprendere forme di lotta così estreme per riuscire a squarciare quel velo di assuefazione e indifferenza che sembra oggi pervadere la società nel suo insieme e singolarmente i cittadini preoccupati e indaffarati nel riuscire a non affondare. Ugualmente rivolgiamo la nostra attenzione ai lavoratori dell’Alcoa, della stessa zona della Sardegna, e alla grave crisi industriale e economica che colpisce duramente anche il nord-ovest dell’Isola e i lavoratori della Vinyls e di Fiumesanto.

 

Riteniamo che sia urgente e necessario mettere in atto tutte le forme possibili per salvare le posizioni lavorative a rischio con un accordo che metta insieme gli interessi e le rappresentanze sindacali, politiche e istituzionali per giungere rapidamente a una soluzione, così come auspicato anche dal Capo dello Stato. Riteniamo anche che si debba aprire una nuova fase di confronto tra tutti i soggetti portatori di interessi e di rappresentanza per ripensare le politiche di medio e lungo termine per il benessere della Sardegna e dei sardi, così come definire con chiarezza responsabilità e inadempienze.

 

“Bacia la mano che ruppe il tuo naso perchè le chiedevi un boccone” cantava De Andrè in un suo celebre Testamento: così se oggi dovessimo farne uno anche noi vorremmo guardasse all’avvenire delle giovani generazioni di sardi che con ostinazione non vogliono più intraprendere la via di una nuova emigrazione, per trovare la speranza di un futuro di vita dignitoso nella propria terra. Se la storia ha un senso e noi il dovere di imparare da essa è giunto il momento di agire il cambiamento, portare responsabilità e giustizia nelle scelte pubbliche, con coraggio e determinazione.