E’ stata depositata ieri sera la sentenza con cui il Tribunale di Roma respinge la richiesta dell’ex ministro Maroni di perseguire l’Arci per diffamazione.

La vicenda risale al 2009, quando l’allora Ministro degli Interni citò in giudizio l’associazione per una dichiarazione del responsabile immigrazione Filippo Miraglia, rilasciata nel luglio del 2008, che Maroni giudicò lesiva della propria immagine e reputazione.

Nel comunicato stampa si faceva riferimento all’ordine impartito alle prefetture dal ministero dell’Interno di imporre ai dirigenti scolastici la schedatura degli studenti stranieri, con particolare attenzione ai minori rom, sinti e camminanti. L’Arci denunciò il carattere discriminatorio, razzista e persecutorio nei confronti delle minoranze etniche di questa misura, oltre che intimidatorio nei confronti dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e delle famiglie dei ragazzi stranieri, e ne chiese l’immediato ritiro.

Il giudice, accogliendo le argomentazioni della difesa (le avvocate Cordaro e Sinopoli, dirigenti Arci), nella sentenza afferma che l’intento diffamatorio non esiste poiché la notizia pubblicata rispondeva a requisiti di verità e quindi rientrava nel diritto costituzionalmente garantito alla libertà di informazione. Mentre i termini adottati per censurare l’iniziativa del ministro vengono ritenuti consoni ai fatti denunciati e rientranti nel libero esercizio del diritto di critica, che ovviamente si fonda su interpretazioni soggettive.

Secondo il giudice, le espressioni usate ‘non fuoriescono dalla correttezza verbale’ né possono ritenersi ‘oggettivamente offensive o volgari’. Insomma, riconosciuti come veri i fatti denunciati, le espressioni come ‘persecuzione’ o ‘volontà intimidatoria’ vanno ritenute ammissibili e non perseguibile chi le ha utilizzate.

Una sentenza importante dunque, oltre che per il dispositivo (la non procedibilità contro l’Arci), anche e soprattutto per le motivazioni che giustificano tale decisione.

Un incoraggiamento per chi, come noi, si batte da sempre contro qualsiasi forma di discriminazione e per l’affermazione dei diritti di tutte e tutti, siano essi cittadini italiani o stranieri.

Roma, 15 maggio 2014