E’ netta e inequivocabile la nostra condanna della violenza che sabato ha sconvolto Roma e impedito un grande corteo pacifico. E’ totale la nostra solidarietà nei confronti della città, dei manifestanti e di tutti coloro che ne hanno dovuto subire le conseguenze.

Ma non basta condannare. Ciò che è successo deve indurre tutti ad una seria riflessione. Nella furia insensata che si è abbattuta sul corteo di sabato impedendo a centinaia di migliaia di persone di manifestare pacificamente c’è qualcosa di veramente preoccupante. C’è il nichilismo di chi pensa che le cose non si possano cambiare ma si debbano solo distruggere, il disprezzo nei confronti delle persone e della cosa pubblica, la sfiducia totale nella politica e in chi ancora crede nell’importanza e nell’utilità della partecipazione.

Il dibattito che si è acceso dopo i fatti di sabato è importante, chiama in causa questioni decisive per il futuro del nostro paese e della democrazia. Siamo nel larghissimo fronte di organizzazioni e movimenti sociali che, pur diversi per storie e identità, in queste ore hanno però tutti assunto posizioni chiare, coerenti, prive di qualunque ambiguità contro le pratiche violente e devastatrici che negano agli altri il diritto a partecipare. Consideriamo questa una discriminante irrinunciabile.

Per parte nostra consideriamo la scelta della nonviolenza, che da sempre è un tratto fondante dell’identità e dell’iniziativa dell’Arci, oggi più che mai una necessità politica perché sia praticabile il cambiamento auspicato da milioni di persone. Nonviolenza è rispetto della dignità umana, pratica della partecipazione e del confronto fra le diversità. La pratica nonviolenta della protesta e delle vertenze sociali è un ingrediente essenziale della dialettica democratica. Al contrario la violenza, fisica o verbale che sia, sottrae alle persone il diritto di partecipare, esprimere la propria opinione e far valere le proprie ragioni. Offre un alibi alla repressione e al restringimento degli spazi democratici, come dimostrano le scelte annunciate dal Governo in questi giorni.

La necessaria condanna dei gravi atti di violenza di sabato non può in alcun modo giustificare provvedimenti di legge che limitano il diritto a manifestare. Per questo riteniamo pericolosissimi, oltreché improvvisati e inefficaci, i provvedimenti sull’ordine pubblico annunciati dal ministro Maroni. In ultimo, l’assurda pretesa di introdurre l’obbligo di garanzie economiche a carico di chi intenda organizzare manifestazioni, che di fatto introduce il diritto per censo a manifestare contraddicendo clamorosamente l’articolo 17 della Costituzione.

Di fronte all’acuirsi delle tensioni sociali causate dalla crisi non servono leggi speciali: la forza della nostra democrazia sta nella capacità di applicare con rigore e fermezza le leggi esistenti e i principi sanciti dalla Carta Costituzionale. Non serve attribuire alle forze dell’ordine i poteri speciali di uno stato di polizia, ma assicurare che svolgano la loro funzione a garanzia del diritto a manifestare e a tutela della sicurezza di tutti i cittadini.

Tutti abbiamo grandi responsabilità in questa situazione difficile del Paese: anzitutto le istituzioni e i partiti, ma anche le organizzazioni sociali e i movimenti. E’ un problema di tutti garantire l’agibilità dello spazio pubblico in cui possa esprimersi la protesta democratica. Mettere in campo nuove e più forti energie di cittadinanza è la condizione necessaria per scongiurare il vicolo cieco della violenza così come le derive autoritarie e repressive, per restituire fiducia nella partecipazione e nella democrazia.

Roma, 20 ottobre 2011