Ogni quattro anni le scadenze congressuali ci obbligano a ripensare alla società in cui viviamo e al modo di abitarla, alla nostra associazione, alle azioni che mettiamo in campo. E’ un’occasione che dobbiamo cogliere in maniera non rituale. Uno spazio di cui approfittare per fermarci a riflettere e per darci gli strumenti affinché la nostra azione sia più convinta e condivisa. In modo da renderla forte, determinata e incisiva. Ne abbiamo bisogno.

Prima di tutto obbiamo riflettere sulla generalizzata vittoria del centrodestra.

Il pensiero e le parole di destra dilagano e politicamente il centrodestra ha vinto a tutti i livelli locali: regione, comune, città metropolitana. Una vittoria che si sta espandendo a tutti gli organismi di secondo livello (asl, fondazioni, istituzioni culturali, enti economici, parchi….), che rimuove da documenti programmatici, obiettivi e strumenti di governo i valori che promuoviamo e spesso ne mette orgogliosamente in campo altri radicalmente opposti. I principi di solidarietà ed eguaglianza che con tanta fatica -grazie alle lotte e all’impegno di tante e tanti fra noi- si erano posti a fondamento della convivenza e delle relazioni di lavoro, vengono smantellate con le armi della paura. Anche noi ci sentiamo a volte soli, fragili, smarriti. I partiti e le formazioni di estrema destra non sono mai stati cosi visibili nella nostra città. Non possiamo tacere quanto questo sia dovuto alla difficoltà della sinistra in generale di proporre una visione convincente della società in un contesto di crisi e incertezza epocali: intere parti del pianeta non sono più abitabili, guerre feroci distruggono civiltà antiche, tradizioni di convivenza e annientano generazioni di bambini. Intere popolazioni si spostano, cercando nuove possibilità di vita, e finiscono nelle mani dei mercenari.

E’ in corso una vera e propria campagna di delegittimazione dei corpi intermedi e degli organismi di terzo settore di cui anche noi facciamo parte. La virulenza della campagna contro le ong che operano nel mediterraneo per salvare vite umane, contro le organizzazioni che assistono i profughi, contro chi (inclusi i circoli) in generale opera nel sociale, ha assunto toni preoccupanti.
Il nostro mondo non è stato capace di rispondere adeguatamente perso in distinguo, giustificazioni , tendenza a salvare se stessi. 
Dobbiamo essere capaci di dire con chiarezza che nessuno si salva da solo e che il nostro mondo è sostanzialmente sano. Certo per affermarlo con più forza dobbiamo ritornare a mettere davanti i nostri valori e ad essere una casa di vetro. La parola d’ordine dell’ “autonomia del sociale” è stata messa da parte; la politica, tutta, ritiene i corpi intermedi un fastidio da eliminare o da addomesticare. Si pretenderebbe un ritorno ad un passato di sudditanza.Oltre ad essere sbagliato, questo non fa i conti con una politica debolissima, che non arriva ai territori e neanche ai cuori delle persone. Noi, attraverso i circoli, i territori li viviamo. Ma non riusciamo a fare sintesi e a rappresentarli.
Quando lo facciamo i risultati sono buoni e dovrebbero incoraggiarci. Ma stentiamo a trovare il modo di farne un riferimento e fonte di energia per tutti. 
E’ solo a partire da un pensiero autonomo e forte che possiamo tornare a stringere alleanze ed a promuovere campagne forti ed incisive sui temi che ci stanno a cuore.

Di queste cose parleremo sabato, di questo dovremmo parlare durante tutta la campagna congressuale

Stefano Kovac, presidente Arci Genova

kovac@arci.it