Il questionario nasce dalla volontà di ARCI Liguria e dei comitati territoriali di mettere in campo proposte specifiche rivolte ai giovani residenti in Liguria, precisamente per quei giovani nella fascia d’età 15-24 anni, che possono essere più interessati alle nostre attività associative. Ma le proposte non possono nascere se non da una conoscenza dei bisogni di coloro cui si rivolgono.
Come è noto, la Liguria è tra le regioni meno giovani d’Europa: nel complesso le ragazze e i ragazzi tra i 15 e i 24 anni contano appena l’8% della popolazione ligure, ma sono il 12% della popolazione nazionale. In numeri assoluti, parliamo di 130 mila giovani, destinata a scendere di ulteriori 16 mila unità nel prossimo mezzo secolo. È davvero una fetta minoritaria della popolazione regionale cronicamente trascurata dalla classe politica in senso lato e sottorappresentata. Eppure, in una regione che soffre un profondo e patologico squilibrio demografico, dovrebbe essere massima l’attenzione rivolta alle politiche per i giovani.
Questa campagna d’ascolto nasce dunque con l’intendo di approfondire l’approccio dei giovani liguri rispetto alle attività tipiche e campi di lavoro della nostra rete associativa, tempo libero e volontariato, il loro rapporto con ARCI e la loro percezione rispetto a fenomeni sociali come l’immigrazione.
Ne traiamo il ritratto di un mondo giovanile molto frammentato, spesso tagliato da profonde differenze di approccio definite per età e per genere. Tendenzialmente disimpegnato e poco informato, ma non privo di interessi.
Domanda per domanda, questa sintesi evidenzia i punti salienti del questionario, in particolare provando a indicare dove emergano interessanti spunti di lavoro per ARCI.
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Il tempo libero gioca un ruolo importante per i giovani. Secondo una recente ricerca, 6 italiani su 10 denunciano di non avere abbastanza tempo libero, ma la situazione è rovesciata nella fascia d’età 18-24 anni: il 58% delle ragazze e dei ragazzi dice di averne abbastanza o anche molto (Findomestic-BNP Paribas, primavera 2018).
Dalla nostra campagna di ascolto emerge una divisione netta dei comportamenti per genere ed età. Se amici e sport sono le risposte dominanti (57% sul totale, 56 tra le donne, 60 tra gli uomini, 61 tra i 15-19enni e 56 tra i 20-24enni), i comportamenti divergono all’interno del campione nella distribuzione tra questi due ambiti. Le donne e i più giovani prediligono di gran lunga passare il tempo tra amici (37%), i ragazzi si dedicano principalmente allo sport (38%). Nell’insieme dei 20-24enni le preferenze tra amici e sport sono più equilibrate e diventa più rilevante chi ha dei passatempi connessi all’aria aperta (7% contro l’1 dei più giovani). Anche la musica si caratterizza con un passatempo collegato all’età, ma al contrario prevale tra i più giovani rispetto ai ragazzi più grandi (19% dei 15-19enni contro l’11 dei 20-24enni).
Forse sorprendentemente pochi intervistati indicano difficoltà a godere del tempo libero perché non trova spazi adeguati: appena l’1%. Nel complesso, chi dichiara di non godere del tempo libero (perché non ha interessi specifici, non trova spazi o non trova tempo) conta il 7% degli intervistati. L’insieme di chi indica ostacoli nel godere del tempo libero si legge legato all’età, perché tocca il 10% tra i 20-24enni, mentre conta appena il 3 tra i più giovani (dove nessuno indica difficoltà connesse al trovare spazi). In particolare, col crescere dell’età cresce l’insieme di chi non ha interessi specifici, pur restando un segmento piccolo: dall’1% dei 15-19enni al 4 dei 20-24enni.
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Come si vede già dalla precedente domanda, il volontariato è visto come l’attività principale del tempo libero appena per il 9% degli intervistati, con una prevalenza leggera per genere (11% delle donne contro l’8 degli uomini).
Poco più di un quarto degli intervistati, il 27%, è attivo nel volontariato. Un 28% aggiuntivo non fa volontariato ma gli piacerebbe.
Anche qui si ritrova una grande divisione per genere ed età. Il 31% delle ragazze è attiva nel volontariato (con un aggiuntivo 28% che manifesta interesse), contro appena il 21% dei ragazzi (con un gruppo aggiuntivo di interessati sul 29%). Così pure, il 33% dei 20-24enni è coinvolto nel volontariato (più un 26% di interessati), contro il 20% dei più giovani (con un significativo 31% di interessati). Tra gli uomini e i 15-19enni il numero di chi non è attivo nel volontariato e non mostra interesse raggiunge il 49%.
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Nel 27% di ragazze e ragazzi attivi nel volontariato troviamo come prediletti gli ambiti dei servizi alle persone e dell’educazione, che raggiungono il 61% delle risposte.
Qui non si registrano grandi scostamenti per genere, anche se tra le donne prevalgono i servizi alle persone e tra gli uomini l’ambito educativo. Si legge invece uno sbilanciamento per età, con l’educazione che copre il volontariato del 40% dei 15-19enni e i servizi alle persone che coprono il 36% tra i 20-24enni. È anche interessante come tra i più giovani il campo ambientale cresca al 14% contro l’8 dei ragazzi più grandi. Quasi un quarto dei 20-24enni (23%) indica di essere attivo su più ambiti o in ambiti differenti da quelli indicati.
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Arriviamo a una delle domande della campagna d’ascolto che raccoglie le risposte più trasversali. Il 36% degli intervistati non aderisce ad alcuna associazione e non si registrano particolari scostamenti né per età né per genere. Un aggiuntivo 14% non aderisce ad associazioni ma gli piacerebbe; nel complesso il 50% dei ragazzi intervistati non ha una vita associativa. Il dato cumulativo dei non affiliati supera la soglia del 50% tra le donne (53%) e i più giovani (54%), resta poco sotto tra gli uomini e i 20-24enni (47% in entrambi i casi).
Club sportivi e circoli culturali sono gli ambiti d’associazione prevalenti, toccando assieme quasi il 29% delle risposte. Le associazioni di ambito più politico, in vece, hanno un perso trascurabile: i partiti pesano il 2%, i sindacati lo 0% (non è colpa di arrotondamenti su decimali: lo 0% equivale a 0 risposte su 414 intervistati). Anche i comitati di quartiere contano un altro 0%. Associazioni, per così dire, di ambito se la passano leggermente meglio, ma non tanto: le affiliazioni ambientaliste e studentesche contano il 3% ognuna.
Dalla lettura delle risposte si ha l’impressione che le affiliazioni seguano in qualche modo gli hobby. Così, il 22% degli uomini che ha risposto aderisce ad associazioni sportive.
Un secondo discrimine misurabile segue l’età: le associazioni ambientaliste e studentesse arrivano a contare il 10% delle risposte tra i ragazzi più giovani (6% le associazioni studentesche) contro appena il 4 tra i più grandi. Viceversa, i circoli culturali assumono una maggiore importanza col crescere dell’età: 15% dei 20-24enni contro il 10% dei 15-19enni.
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Da questa domanda, che sviluppa un ragionamento sulle prospettive di lavoro percepite dai giovani nell’associazionismo, emerge la mancanza di idee chiare. Il 40% degli intervistati non ha una opinione ed è un dato trasversale, marginalmente maggiore tra gli uomini (43% contro il 39 delle donne) e tra i 15-19enni (44% contro il 37 dei 20-24enni). Il numero di chi vede nell’associazionismo delle prospettive di lavoro e chi, invece, solo volontariato tende a equivalere, con prevalenza della visione volontaristica (33% contro 27%).
Senza dubbio in questo quadro si aprono delle prospettive di lavoro interessante per le associazioni in termini d’informazione ai giovani.
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La maggioranza relativa degli intervistati è stata in un circolo ARCI: il 41%. Assieme al 29% di chi non è mai stato in un circolo ma ne conosce, la rete dei circoli ARCI è in quale modo frequentata, anche in modo assolutamente sporadico, e conosciuta da 7 intervistati su 10.
Come nella maggior parte delle domande precedenti, anche qui si misurano differenze per genere ed età. La rete dei circoli emerge come frequentata e conosciuta più dagli uomini e più grandi. Il numero di chi non conosce circoli e non c’è mai stato scende al 26% tra gli intervistati di sesso maschile, contro il 34% delle donne; al 25% tra i 20-24enni contro il 38% dei 15-19enni. La frequentazione dei circoli raggiunge il 51% tra i più grandi, quando è solo del 27% presso i 15-19enni.
Se i ragazzi più giovani sono quelli più distanti dei circoli ARCI, il numero di chi non ne conosce resta comunque minoritario: nel complesso oltre 3 ragazzi più piccoli su 5 sono stati o conoscono circoli ARCI; in questo segmento assume rilevanza il numero di chi non è mai stato in un circolo ma ne conosce, che tocca il 35%. Diventa interessante capire quale lavoro può essere promosso dall’ARCI per portare dentro i circoli questo gruppo rilevate di ragazzi più piccoli che ancora non ci entra.
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La conoscenza dell’ARCI in generale registra pure buoni numeri, col 57% degli intervistati che risponde affermativamente. Va notato come questo 57% sia inferiore al 70% segnato cumulativamente alla precedente domanda da chi ha frequentato o conosce circoli ARCI. In altre parole, la rete dei circoli è più conosciuta dell’ARCI come associazione in generale, e il divario non è marginale. In questa differenza si possono sviluppare spunti di lavoro tra i comitati e circoli per informare sulle attività generali della nostra associazione.
Anche per questa domanda si segnano delle differenze tra gli intervistati, non per genere ma per età. La conoscenza dell’ARCI è molto meno diffusa tra i più giovani, dove i “no” salgono al 51% contro il 37% dei più grandi. Il dato è coerente con la domanda precedente, dove chi non è mai stato e non conosce circoli ARCI nella fascia d’età 15-19 anni arriva al 38%.
A leggere meglio questa domanda e la precedente assieme, il maggiore divario tra chi è stato in un circolo ARCI o ne conosce e si dichiara informato sull’ARCI si ritrova tra gli uomini: 74% è stato o conosce circoli, ma solo il 58 conosce l’ARCI, cioè una differenza di 16 punti percentuali. Tra le donne il divario è di appena 10 punti: 66 contro 56. Sembra quindi che per le ragazze la frequentazione o conoscenza circoli ARCI comporti una marginalmente più grande conoscenza dell’ARCI in generale rispetto ai ragazzi.
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Il servizio civile è conosciuto da poco meno di 4 intervistati su 5. Abbiamo visto in precedenza come le donne siano più portate al volontariato degli uomini intervistati; così la percentuale di ragazze che conosce il servizio civile è marginalmente più alta rispetto a quella degli uomini.
Un ampio divario si ritrova però nella scomposizione per età: se l’83% dei ragazzi più grandi conosce il servizio civile, la percentuale scende al 68 tra i 15-19enni. Di nuovo, sappiamo come il volontariato sia un’attività più praticata dai ragazzi più grandi intervistati, ma in questa domanda il discrimine per età è ben più netto rispetto a quello per genere. Una spiegazione plausibile è che sul maggiore livello di conoscenza dei ragazzi più grandi incidano i tentativi per trovare occupazione e le informazioni date ai centri per l’impiego.
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Secondo l’ISTAT la popolazione inattiva nella fascia d’età 15-24 anni è, in Liguria, l’80%. Tra gli intervistati nella nostra campagna d’ascolto gli inattivi (studenti, in cerca di formazione e NEET in senso stretto) gli inattivi contano il 75%. Di conseguenza, le forze lavoro tra i nostri intervistati contano il 20% mentre in regione sono il 25%.
Non sorprende leggere come la quota di studenti diminuisca al crescere dell’età. I NEET (“non sto facendo nulla”) fanno capolino tra gli uomini, l’1%, e nella classe più giovane, 2%. Tra i ragazzi 20-24enni le forze di lavoro arrivano a contare il 30%, ma gli occupati sono il 14% contro un 16% di persone che sta cercando lavoro. Anche nella popolazione più giovane chi cerca lavoro prevale sugli occupati (5% contro 4), come tra le donne (13% contro 8). Solo tra gli uomini occupati e ragazzi in cerca di occupazione si equivalgono (sul 10%).
Se guardando la suddivisione tra forze di lavoro e inattivi sembra che il campione intervistato nella nostra campagna sia sovrapponibile alla popolazione giovanile regionale sotto il profilo occupazionale, dobbiamo registrare come l’ISTAT conti il 17,5% di NEET nella popolazione regionale dei 15-24 anni (dato al 2017), a fronte di un 20,1% nazionale. Dobbiamo immaginare da un lato una possibile reticenza degli intervistati ad ammettere una situazione di completa inattività, come pure, però, che la nostra campagna di ascolto non sia riuscita a raggiungere gruppi di giovani socialmente più emarginati. Questo è quindi va visto come uno stimolo rispetto alla capacità di proiezione dell’ARCI verso l’intera popolazione giovanile regionale in tutte le sue differenti componenti.
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Da questa domanda emerge, in modo prevedibile, Internet come mezzo trasversale d’informazione. Per ogni scomposizione del nostro gruppo d’intervistati, Internet è il canale privilegiato per poco meno di 3 su 5 giovani. Questa è una delle rare domande dove si misurano poche differenze tra i sottoinsiemi degli intervistati. Vale rilevare come la TV, che è in generale il secondo canale d’informazione ma ben distanziato, pesi meno tra uomini e più giovani; tra i 15-19enni inoltre assume peso il parlare in famiglia o con amici. Pochi dicono, radicalmente, di non interessarsi, ma questo gruppo sale al 6% tra gli uomini e pesa appena il 2 tra le donne. Viene qui da chiedersi se non esista un legame con l’appartenne maggiore propensione all’impegno sociale dimostrato dalle ragazze. Altri mezzi, canali come scuola e università, radio, stampa sono trascurabili, tuttavia la scuola cresce tra i più giovani (ma non oltre il 6%) e la carta stampata tra i più grandi (ma non oltre l’8%)
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Il lavoro è la priorità prevalente, ma forse non così prevalente come ci si sarebbe potuti aspettare. Scriviamo del 39% degli intervistati; ricordiamo che era data una sola risposta, quindi il questionario fa emergere la prima priorità dei ragazzi intervistati. Più o meno nella stessa misura il lavoro prevale in ogni sottoinsieme, non troppo a sorpresa pesa un po’ meno tra i più giovani.
Politiche sociali, sicurezza e turismo seguono tra le opzioni date con il 13, l’11 e il 12%. Le politiche sociali emergono in modo interessante tra gli uomini (16%) e i 20-24enni (17%). Dobbiamo segnare il 17% di 15-19enni che scelgono la priorità della sicurezza. Questo vado va tenuto a mente per le prossime risposte. Il reddito di cittadinanza, benché molto citato ultimamente, non è che l’opzione preferita del 4% degli intervistati, ed è uniformemente secondario nel pensiero di ogni sottoinsieme. Con le risposte raccolte prima del crollo del Morandi, i trasporti sono indicati solo dal’8% degli intervistati.
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Questa è la prima di tre domande più secche rispetto a questioni specifiche. In tutte e tre le domande non emergono orientamenti netti. Il 46% degli intervistati non crede che l’immigrazione oggi sia un problema in Liguria, il 33% invece ritiene che lo sia; il 21% non sa esprimersi.
Si leggono delle differenze abbastanza marcate per età: chi non vede un problema nell’immigrazione arriva al 54% tra i 20-24enni, ma è solo il 35% dei più giovani. Viceversa, il 39% dei 15-19 rileva un problema e il 26% non sa dire. La classe più giovane è l’unica dove chi vede un problema immigrazione prevale sugli altri. Ricordiamo che questa fascia d’età è marginalmente più sbilanciata sulla priorità della sicurezza.
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Anche qui, andando a parlare di percezioni, leggiamo una frammentazione nella lettura che i giovani danno della Liguria. Il 37% degli intervistati non pensa che la Liguria sia una regione razzista, il 31% invece lo crede e il 32% non sa dire.
Il peso di chi vede nella Liguria una regione razzista è tra il 30 e il 31% in tutti i sottoinsiemi; tra gli uomini e i 20-24enni i “no” toccano il 42%, mentre tra donne e ragazzi più giovani prevalgono coloro che non sanno esprimersi.
Questa scomposizione delle risposte pone delle sfide interpretative: quanto le risposte sono orientate dalla personale sensibilità di gruppi classi differenti di ragazzi, quando dalle personali opinioni e dal contesto?
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Infine, il 48% degli intervistati dichiara di aver assistito a fenomeni di bullismo, contro il 44% che lo nega. Un significativo 8% non sa dire.
Si segnalano alcune variazioni: tra gli uomini cresce la quota di chi ha assistito (dice di aver…) a fenomeni di bullismo. Di nuovo, è una questione di sensibilità o nelle cerchie di relazione soprattutto dei ragazzi episodi di bullismo sono più frequenti? È invece preoccupante rilevare come la quota di chi risponde “non so” cresca tra i ragazzi più piccoli, che invece vivendo nella scuola dovrebbero avere una più spiccata sensibilità verso il problema. Parliamo di 1 ragazzo su 10 intervistato che afferma di non saper identificare se abbia mai assistito a fenomeni di bullismo. Teniamo conto che potrebbe esserci una questione di reticenza tra i più giovani, ma resta comunque un dato significativo.
Nota metodologica
Il questionario è stato somministrato dalle ragazze e ragazzi del Servizio civile in ARCI a un campione casuale di giovani liguri, distribuito per le fasce d’età 15-19 e 20-24 anni, per genere e per provincia. Per ogni domanda era richiesta una sola risposta. È stato svolto tra fine giugno e inizio settembre 2018 Sono state effettuate 414 interviste.
La suddivisione delle risposte è la seguente: 58% donne e 42% uomini; 59% 20-24 anni e 41% 15-19 anni; 17% Imperia, 14% Savona, 52% Genova e 19% Spezia.