Campanelli d’allarme ne sono suonati moltissimi in Europa, specialmente da quando è cominciata la grande crisi economica.

Si è perseverato in politiche fallimentari di austerità, impoverendo Stati e popolazioni. Si è scelta la politica dell’Europa fortezza contro i migranti, alimentando paure e intolleranza.  Le classi dirigenti hanno fatto orecchi da mercante (e non è solo una metafora).

Il voto a favore di Brexit è una campana che suona a morto. Il rischio dell’implosione della Ue – e anche dello stesso Regno Unito – è all’ordine del giorno. Il panico dilagante sui mercati, e le speculazioni conseguenti, forse si aggiusteranno. Ma per i popoli europei e per i migranti la situazione sarà peggiore rispetto a prima.

Non è un caso che le destre europee esultino per  l’esito del voto inglese, sperando in un effetto domino. Si rafforzerà la logica degli sciovinismi, delle piccole patrie, della xenofobia e del razzismo.

Se l’Europa vuole impedire la propria implosione bisogna cambiarne le politiche sotto ogni aspetto e ostacolare i rigurgiti nazionalisti, sospinti dalle destre estreme.

Il compito per le forze democratiche e progressiste è oggi più difficile. Ma noi non rinunciamo a batterci per un’Europa dei popoli, unita, democratica e sociale.

L’unico dato confortante è il voto dei giovani e giovanissimi: il 75% si è espresso per il remain, scommettendo su un futuro che non può essere ristretto in angusti confini.