Pubblichiamo volentieri l’articolo del presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, tratto da Arcireport del 23 giugno. Riteniamo sia importante tenere viva l’attenzione su un tema tanto importante, anche in considerazione del continuo pressing che il ‘partito della tortura’ sta esercitando per impedire che il nostro paese rimedia alla sua colpevole e non certo involontaria inadempienza. Una pratica che nel G8 ha trovato ampia attuazione ma che era praticata anche in passato, come testimonia l’opuscolo ‘La Tortura in Italia’, del 1982, che potete scaricare qui.

Tortura in Italia: anche i primi sei mesi del 2015 sono trascorsi nel segno della impunità.

«L’inadempienza dell’Italia nell’adeguarsi agli obblighi della Convenzione Onu crea una situazione paradossale in cui un reato come la tortura che a determinate condizioni può configurare anche un crimine contro l’umanità, per l’ordinamento italiano non è un reato specifico… è quindi necessaria una legge che traduca il divieto internazionale di tortura in una fattispecie di reato, definendone i contenuti e stabilendo la pena, che potrà determinare anche il regime temporale della prescrizione. Pertanto, nella attuale situazione normativa non può invocarsi, così come fa parte ricorrente, l’imprescrittibilità della tortura, cioè di un reato che non c’è».

Così ha scritto nero su bianco la Corte di Cassazione in una sentenza del 17 luglio del 2014 resa pubblica qualche mese fa. Nella sentenza si certifica l’impossibilità di estradare in Argentina il sacerdote Franco Reverberi, accusato dai magistrati sudamericani di avere partecipato nella sua veste di cappellano militare ai ‘tormenti’ dei torturati ai tempi di Videla. In assenza del delitto di tortura nei confronti del sacerdote possono essere previste ipotesi di reato che hanno tempi di prescrizione ben più brevi.

Invece la tortura, crimine contro l’umanità al pari del genocidio, dovrebbe essere imprescrittibile o quanto meno avere tempi molto lunghi di prescrizione. Il 17 luglio del 1998, ovvero sedici anni prima rispetto alla sentenza della Cassazione nel caso Reverberi, l’Italia aveva organizzato solennemente a Roma in Campidoglio la conferenza istitutiva della Corte Penale Internazionale competente in materia di crimini contro l’umanità. La Corte è nata, seppur stentatamente.

L’Italia non si è mai adeguata fino in fondo allo Statuto della Corte voluta dall’Onu. Tra i crimini che la Corte è deputata a giudicare vi è la tortura. Non essendovi il delitto nel nostro codice penale sarà ben difficile arrestare quel militare o dittatore che si è macchiato di questo crimine all’estero e viene a trovare rifugio in Italia. I torturatori di tutto il mondo possono scegliere di venire in Italia come se fosse un paradiso criminale. Il 7 aprile di quest’anno la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia per la macelleria commessa nella scuola Diaz. Ha anche chiesto al nostro Paese di attivarsi per colmare la lacuna normativa. Pochi giorni dopo la Camera ha approvato un testo non conforme a quanto previsto nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura: si configura il delitto come delitto generico ovvero non tipico di chi ha obblighi legali di custodia. La palla è al Senato che sta ragionando intorno a possibili ulteriori peggioramenti. Il Nuovo centrodestra fa le barricate. I capi delle forze dell’ordine in un’audizione informale si sono opposti al testo approvato a Montecitorio ritenuto troppo penalizzante per le Polizie. Alfano li sorregge. Dunque ci rivolgiamo a tutti i parlamentari del campo democratico, liberale, cattolico, progressista: se siete contro la codificazione del delitto di tortura abbiate il coraggio di dirlo pubblicamente (alle Nazioni Unite, ai nostri lettori e alle nostre associazioni); se invece siete favorevoli scrivete la migliore legge possibile a approvatela definitivamente nel giro di un mese.