Nelle scorse settimane vi abbiamo aggiornati circa gli sviluppi della confusa vicenda IMU, spiegando le ragioni, anche tecniche, per cui ritenevamo – e continuiamo a ritenere – che un’equa, chiara e coerente applicazione della normativa non possa prescindere dalla revisione profonda del modello regolamentare varato dal MEF alla fine di novembre.

Ci siamo mossi rappresentando tali ragioni nelle sedi opportune, ivi incluso il Tavolo tecnico con l’Agenzia delle entrate tenutosi a Roma lo scorso 23 novembre, alla ricerca instancabile di una soluzione emendativa della norma, o quanto meno contenitiva dei suoi effetti, nell’imminenza della scadenza di pagamento, delle sue conseguenze. Così continueremo a fare nelle prossime settimane, in stretta sintonia con il Forum del Terzo settore.

La sopravvenuta crisi di Governo rende tuttavia non più attuale l’ipotesi – e l’auspicio – di una “correzione di rotta” nel brevissimo periodo, per cui diviene urgente riprendere il filo del discorso su versante più strettamente applicativo del tributo, tralasciando per ora la discussione su equità e merito, e tracciare, pur tra le maglie di una normativa-rebus, alcuni indirizzi operativi di supporto alle valutazioni che comitati e circoli sono chiamati a svolgere alla vigilia della scadenza di dicembre, con specifico riferimento alle casistiche tradizionalmente più ricorrenti all’interno del nostro sistema associativo.

IL QUADRO NORMATIVO: BREVE RIEPILOGO

L’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. n. 504/1992, cosi come modificato dal “decreto-semplificazioni” del Governo Monti, ha condizionato l’esenzione IMU degli immobili posseduti[1] da enti non profit all’esercizio esclusivo, negli stessi, delle attività istituzionali (ricreative, culturali, assistenziali ecc.) attuate “con modalità non commerciali”. Ha stabilito altresì che, in caso di conduzione di attività “miste” – commerciali e non commerciali – l’esenzione operi per la sola “area” riferita a queste ultime, che può essere identificata in due modi distinti:

dotando di rendita ad hoc il “locale commerciale” (quindi frazionando e ri-accatastando l’immobile in due unità distinte);

procedendo con un’autodichiarazione, a firma del legale rappresentante dell’ente, che evidenzia i parametri da cui dovrebbe distinguersi la quota-parte commerciale (e quindi tassabile) da quella non commerciale (esente).

Questa seconda modalità, tuttavia, per espressa disposizione di legge, potrà operare solo a partire dall’1.1.2013 (cfr. nota filorosso del 14 maggio u.s.), e ciò implica che per il 2012 lo svolgimento di attività “miste” presso l’immobile determina l’applicazione del tributo in forma integrale, e non per quota-parte.

Quanto ai parametri specifici di accesso all’esenzione, per le attività qui di più immediato interesse – ossia di tipo culturale e ricreativo – questi si configurano, alternativamente:

a. nella totale assenza di un corrispettivo;

b. nella presenza di un corrispettivo cosiddetto “simbolico”.

Il normatore non specifica quando il corrispettivo debba essere così qualificato e si limita a fissare una sorta di “limite massimo” di valutazione allorché precisa che non può essere considerato simbolico il corrispettivo che supera il 50% del valore medio dei prezzi per servizi analoghi praticati sul mercato locale.

COSA PAGARE: LE CRITICITA’ DELLA NORMATIVA

Il corrispettivo simbolico quale parametro unico di non commercialità rende arduo identificare quali attività ricadano nell’esenzione e quali no, e ciò per i seguenti motivi:

1. assenza di riferimento a criteri noti e condivisi in ambito tributario, per cui, ad esempio, nella disciplina IMU pensata dal MEF nessun rilievo assume la circostanza che il servizio sia reso a soci o a non soci;

2. vaghezza oggettiva del parametro del corrispettivo “simbolico” ;

3. estrema genericità, sia sul piano soggettivo che oggettivo, del parametro dei “prezzi medi di mercato”, in quanto:

a) vi sono servizi per i quali non si può neanche immaginare un “mercato di riferimento”[2];

b) non è dato sapere quale sia l’ampiezza territoriale (regionale, provinciale, comunale?) del campione statistico;

c) non c’è alcuna indicazione circa gli operatori interessati dal campione (solo soggetti profit o anche non profit, enti pubblici ecc..?);

d) non è stata identificata la fonte statistica dove dovrebbe essere acquisito il prezzo-medio, cosicché gli enti interessati possano avere contezza del superamento o meno del parametro…

…e cosi via dicendo.

CHI PAGA E CHI NO: QUALCHE PUNTO FERMO

Pur nella confusione della normativa, ad oggi emergono alcuni punti-fermi che è utile richiamare:

a. la disciplina IMU riguarda le attività svolte presso l’immobile; quindi il parametro del corrispettivo simbolico assumerà rilevanza per le attività ivi svolte. Un esempio può rendere meglio l’idea: il laboratorio teatrale svolto presso le scuole, quantunque verso corrispettivo, non rileva ai fini IMU; ma se analoga attività è svolta presso la sede sociale, i relativi corrispettivi devono subire il vaglio del corrispettivo simbolico per verificare se l’attività è “commerciale” o meno. Questa chiave di lettura che si evince dall’insieme delle norme emanate, ad oggi non smentita, implica che le attività svolte al di fuori dell’immobile non rilevano per il calcolo delle attività “miste”, e ciò a prescindere dalla loro configurazione di commercialità sulla base della normativa reddito e Iva. Quindi, per esempio, la somministrazione di alimenti e bevande in occasione della sagra annuale di paese o la sponsorizzazione per il convegno svolto presso locali affittati o concessi in comodato non fanno scattare la commercialità ai fini IMU.

b. le attività gestite da terzi (si pensi all’attività di somministrazione attribuita in gestione) rilevano ai fini IMU per l’assenza di conduzione diretta dell’immobile da parte dell’associazione (divaricazione tra proprietà e possesso) che già aveva assunto rilievo, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini ICI[3]. Tale criterio rischia, peraltro, di mettere in crisi anche i rapporti tra soggetti diversi del non profit, parimenti utilizzatori dell’immobile. Si dia il caso del circolo proprietario di immobile che ospiti, anche a titolo gratuito, una associazione “consorella”; ebbene, una casistica affine (Società di Mutuo Soccorso che ospita in comodato, una associazione sportiva) è stata giudicata dalla Cassazione, qualche anno fa, come ricadente in ambito ICI[4].

c. attività verso soci, attività verso terzi: come più sopra evidenziato (cfr, infra, prg.”Cosa pagare: le criticità della normativa) la relazione associativa NON rileva ai fini dell’esenzione IMU. Questo implica che il parametro del costo “simbolico” diventa un discrimine unico e indifferente alla circostanza che l’attività sia rivolta al solo corpo sociale o, viceversa, ad un pubblico indistinto.

LE SANZIONI

Di seguito, un breve cenno al quadro sanzionatorio IMU.

Omesso Versamento

Per i contribuenti che non abbiano provveduto ad effettuare il pagamento dell’imposta municipale propria alla scadenza, è prevista la possibilità di sanare l’irregolarità mediante lo strumento del ravvedimento operoso.

In particolare, sono disponibili tre tipi di sanatoria a seconda dei giorni di ritardo:

per i ritardi da 1 a 15 giorni, il contribuente può regolarizzare la propria posizione pagando solo lo 0,2% di sanzione per ogni giorno di ritardo;

per i ritardi da 15 a 30 giorni, il contribuente può regolarizzare la propria posizione pagando il 3% a titolo di sanzione (1/3 del 30%);

per i ritardi oltre i 30 giorni ma entro l’anno, il contribuente può regolarizzare la propria posizione pagando il 3,75% a titolo di sanzione.

Oltre alle sanzioni sono anche dovuti gli interessi legali al tasso annuo del 2,5% calcolati secondo la formula dell’interesse semplice per i giorni del calendario civile che decorrono dalla scadenza del termine previsto per l’adempimento al giorno in cui si effettua il versamento.

Per ciò che riguarda le modalità di versamento attraverso il modello F24, l’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 35/E del 12 aprile 2012 ha precisato che, in caso di ravvedimento, le sanzioni e gli interessi siano versati unitamente all’imposta in ragione della quota spettante al Comune e allo Stato.

Dichiarazione omessa

Una dichiarazione IMU è da considerarsi omessa se inoltrata agli uffici competenti oltre 90 giorni dal termine ordinario per la presentazione.

L’omessa presentazione della dichiarazione IMU è punita con la sanzione percentuale che va dal 100 al 200% del tributo dovuto, con un minimo di € 51,00 (art. 14, comma 1 del D.Lgs. n. 504/1992).

La dichiarazione non si considera omessa se viene presentata con un ritardo non superiore a 90 giorni dal termine ordinario per la presentazione: in tal caso è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso e va versata una sanzione pari ad 1/10 del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione. Si ricorda che la scadenza della dichiarazione IMU 2012 è fissata al 4 febbraio 2013; ai fini del ravvedimento, quindi, da tale decorreranno i 90 giorni per sanare.

Dichiarazione infedele

È ritenuta “infedele” una dichiarazione che, seppur presentata entro la scadenza corretta, contiene dati non corrispondenti a quelli reali. È tuttavia necessario differenziare la violazione, a seconda che gli errori contenuti nella dichiarazione infedele presentata dal contribuente, incidano o meno sulla determinazione del tributo. Infatti, se l’errore contenuto nella dichiarazione IMU:

incide sulla determinazione dell’imposta, tale violazione è punita con una sanzione amministrativa in percentuale, compresa tra il 50 e il 100% della maggiore imposta dovuta (art. 14, comma 2 del D.Lgs. n. 504/1992);

non incide sulla determinazione dell’imposta, la violazione è punita con una sanzione fissa, compresa tra € 51,00 e € 258,00 (art. 14, comma 3 del D.Lgs. n. 504/1992).

CONCLUSIONI

Il modello applicativo dell’IMU per gli enti non commerciali, così come declinato dal MEF, porta con se le contraddizioni proprie di una normativa incoerente, vaga e “a sé stante”, che ne rende difficile la traduzione operativa e porterà, crediamo, ad un aumento pressoché inevitabile del contenzioso.

Le attività a rischio di emersione postuma di commercialità sono tutte quelle in cui si configura un rapporto di tipo corrispettivo tra l’associazione e il socio, laddove il corrispettivo non si relazioni al costo effettivo del servizio in termini di mera simbolicità.

Va da se che tra le attività più esposte ci sono quelle connesse alla mescita (somministrazione) e agli spettacoli, rispetto alle quali appare maggiormente verosimile la strutturazione di un dato statistico medio “di mercato” dotato di una certa attendibilità.

1 Ricordiamo che per possesso si intende la sussistenza di un diritto reale (proprietà, usufrutto ecc.), criterio derogato solo nei casi di concessione di immobili del demanio, anche comunale, o di immobili in leasing: nel primo caso il soggetto passivo è il concessionario, nel secondo il locatario.

2.  Si pensi ad una associazione che organizzi periodicamente mostre di oggetti d’arte e/o antichità presso la propria sede, aperti alla fruizione della cittadinanza, dietro versamento di un contributo a copertura-spese di 1 o più euro richiesti ai visitatori: con i prezzi di quali operatori dovrebbe essere confrontato il corrispettivo ? Con il biglietto dei musei locali? Analoga riflessione potrebbe essere svolta per il centro sociale-anziani dove operi un’attività di assistenza diurna con modesti contributi a copertura-spese erogati dagli interessati o dai loro familiari: a quale “prezzo-medio di mercato” rapportare il corrispettivo per vagliarne la non-commercialità IMU?

3 Cfr. Corte Costituzionale, Ordinanze nn. 429 e 19, rispettivamente, del 19.12.2006 e del 26.1.2007

4 Cassazione n. 22201 del 3.9.2008