Due importanti momenti segnano questo nuovo editoriale. Prima però una breve doverosa annotazione che riguarda l’ultima newsletter ed in particolare l’editoriale che pare aver ottenuto una attenzione particolare. Mi fa indubbiamente piacere, al di là delle considerazioni di ciascuno, tutte legittime e stimolanti. Siamo una comunità che ha bisogno come il pane di discutere e confrontarsi, anche scontrarsi se è’ il caso: solo così si cresce, dicevano i saggi. Siamo una comunità, esistiamo, anche perché discutiamo. Non dimentichiamocelo.Tornando a noi, dicevo, due sono i fatti sui quali vorrei attirare la vostra attenzione. Le elezioni greche, e soprattutto ciò che ho potuto vedere e toccare con mano nelle giornate ad Atene, e l’elezione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Entrambe toccano la vita della nostra comunità Arci e in un certo senso, a mio avviso, s’intrecciano.Ciò che è’ accaduto con il voto greco è ormai patrimonio comune. Se ne parla in ogni parte del globo e, francamente, non saprei cos’altro aggiungere sul piano politico. L’intervista realizzata per Radio Gazzarra ad Arghiris Panagoupolous ci ha dato la possibilità concreta di capire ancora meglio ciò che sta accadendo nel paese ellenico. Una forza di sinistra (qui alcuni, strumentalmente, la chiamerebbero radicale, forse per denigrarla) è’ diventata Governo puntando apertamente la prua contro l’Europa dell’austerità. Non contro l’Europa ‘tout court’ come, altrettanto strumentalmente, molti hanno detto e scritto. Una grande sfida che Syriza non intende combattere in solitudine – magari a discapito di altri Paese comunitari – ma, al contrario, su cui ritiene indispensabile costruire un patto politico e sociale con i Paese del sud Europa tanto per cominciare.Questo è materialmente il primo è più importante tema dell’agenda di Alexis Tsipras che vede nella Conferenza europea sul debito il momento in cui dare avvio a questo tentativo. Se ne capisce presto il perché facendo un giro per Atene. Nulla di paragonabile a ciò che proviamo ad immaginare o a ciò che abbiamo visto in tv o letto sui giornali a proposito della “Grecia in piena recessione”. Nulla nemmeno di paragonabile alle condizioni materiali del nostro Paese. Girare per Atene si tocca con mano la povertà estrema di buona parte della popolazione. Innumerevoli negozi dove tutto costa 1 euro, altrettanti di robivecchi e usato, palazzine del centro completamente distrutte o in evidente stato di abbandono. È una povertà reale, tangibile. Diffusa e presente nella quotidianità di Atene. Non sono i numeri e/o le ricerche a raccontarlo ma, le condizioni di milioni di persone che incontri girando per la capitale greca. Syriza ha saputo interpretare quelle difficoltà, sottraendolo all’altra potenziale risposta, quella xenofoba e nazista di Alba Dorata, ed oggi prova a non fallire. Troppo grandi sono i rischi. Per questo, vista da Atene, appare meno “strana” l’alleanza con Kammenos, la costola di Nuova Democrazia uscita perché contro la Troika. Meno “strana” perché non frutto di una discussione salottiera (o da social network) a cui siamo abituati qui in Italia, specialmente a sinistra. Meno “strana” perché non paragonabile alle scelte nostrane. Ma si sa, a molti di noi piace giudicare e ricondurre tutto al nostro piccolo provincialismo.Un provincialismo diventato ormai dottrina nel nostro Paese, dove sempre più realmente la destra e la sinistra tendono a mischiarsi (ne siano la prova i cori di giubilo nostrani per la vittoria di Tsipras) e chi prova ancora a farle vivere viene visto come un marziano. Qui sta a mio modesto avviso l’incapacità di molti nel leggere il voto greco e le scelte di Tsipras nel formare il governo. E onestamente anche molto altro. Questa incapacità, o cronica miopia, ci accompagna da anni, da molti anni e si balocca tra un irrefrenabile, quanto inutile, populismo becero e un apparente realismo incontrovertibile dove le cose succedono e le scelte avvengono perché lo dice qualcun altro.Provo a farmi qualche domanda ma appare subito un’impresa titanica capire come mai siamo arrivati fino qui e come mai la sinistra in tutto questo sia completamente succube è minoritaria. O perchè per esistere, debba necessariamente scendere a tali compromessi da annullarsi. Penso proprio ai compagni di Syriza che più volte, in quei giorni, mi ricordavano di quando erano loro a venire in Italia ad imparare. Poi capita di ascoltare l’intervista a Ciriaco De Mita. Una mezz’ora buona di sue riflessioni sulla politica, il PD, l’elezione del Capo dello Stato, il partito della nazione, il ritorno dei democristiani e la definitiva sparizione degli ex comunisti.Ad un certo punto – su quest’ultimo tema- se ne esce, senza mezzi termini, con una frase inequivocabile: “è mancata la cultura politica nei post comunisti”.Sono rimasto di stucco perché, in fondo, sono anch’io convinto di quella tesi. In quella mezz’ora di intervista tv ho trovato sacrosante verità e analisi condivisibili. Dare ragione a De Mita, simbolo di quella DC combattuta e vissuta da molti di noi come il male assoluto, mi ha dato per la prima volta la misura di quanto la classe dirigente post berlingueriana del PCI, PDS DS (partiti in cui ho militato) sia stata via via sempre più inadeguata e sempre meno utile al paese.E io con loro, per il solo fatto di averci creduto.Oggi quella “sinistra che insegnava” è’ frantumata, completamente ai margini se non addirittura sparita. Quella, poca, rimasta dentro al partito democratico vive (senza offesa per nessuno) al traino di una cultura politica rivelatasi vincente e dominante. Talvolta facendo pure finta che così non sia. “Siamo un paese di centro/o di destra” è’ sempre stata la “frase perfetta per la scusa perfetta” in questi anni per giustificare quello che oggi, con l’elezione del Presidente della Repubblica e il PD targato Renzi appare più chiaro. Il fallimento della sfida della Sinistra italiana all’indomani della caduta del Muro di Berlino. Esagero? Boh, forse.Sotto questa luce rivedo molti aspetti all’epoca sinceramente incomprensibili; su tutte le abiure del passato e dei sensi di colpa che ci hanno accompagnato fino ad oggi. Penso a cosa ci sia rimasto di quella storia importante. Una storia che ha fatto cultura e ha contribuito a costruire il nostro Paese. C’è’ un buco di 30 anni se partiamo dal quel tragico 1984 anno della morte di Enrico Berlinguer. Sono davvero tanti in politica, troppi.Anni in cui è’ successo di tutto mentre noi siamo stati sostanzialmente a guardare e a discutere, male, di noi stessi. Non vorrei essere frainteso: non mi sento un vecchio nostalgico. Tutt’altro. E De Mita con quell’intervista me lo ha confermato. Oggi, per contro, i post democristiani stanno dimostrando come sia stato e sia necessario tenere insieme la storia, i valori e il proprio credo con il futuro. Permette a quella “cultura politica” ,che ne ha passate di disavventure, di diventare nei fatti un progetto di governo. E Renzi lo sta dimostrando. Anche abilmente dal suo punto di vista e la buona scelta del Presidente Mattarella lo dimostra. Sia dal punto di vista politico che tattico. Non si tratta di un personale ravvedimento sull’operato del Governo. È, mi pare, una realtà che, peraltro, non fa venir meno, anzi, la battaglia politica perché anche in Italia arrivi ad esserci una forza della sinistra di governo alla quale continuo ad essere interessato. Una sinistra di governo che, mi viene da dire, non ha mai governato e mai ha voluto farlo. E quindi, probabilmente, non c’è mai stata.Forse occorre ripartire da qui. Dalla oggettiva presa di coscienza di un fallimento. Forse non è’ mai stata solo una questione anagrafica; forse neppure un problema di ideologie. Ma “semplicemente” di inadeguatezza e mancanza di quella cultura politica che per anni, invece, è’ stata motore di sviluppo e di sicurezza del Paese.Non me ne vogliano i “post democristiani”. Non c’è astio nei loro confronti, anzi. Riconoscersi nella parole di Ciriaco De Mita ne è’ la prova più concretaEcco, questo è quanto. Scusate la
lunghezza e la frammentarietà dei concetti e dell’esposizione.Ora certa sinistra può pure tornare ad insultarsi sulla gronda o sul terzo valico e su chi è’ più di sinistra. Buona fortuna. Sono convinto che noi dell’Arci proveremo a fare dell’altro.