Questo ponte per le celebrazioni della Liberazione ha permesso a molti di lasciar decantare giudizi,  se non i pregiudizi, sentimenti e prime valutazioni sul nuovo Governo.

Mentre scrivo il Presidente del Consiglio Enrico Letta è alla Camera a chiedere il voto di fiducia al Palrlamento e, per contro, rimangono decisamente preoccupanti le condizioni del carabiniere ferito ieri davanti a Montecitorio. Molti lo hanno detto e scritto: la gravità di quanto accaduto non può e non deve essere sottovalutata ma, non deve diventare un alibi o, peggio, uno scudo per le manchevolezze della politica emerse in queste settimane. Come ben ha detto la Presidente della Camera, Laura Boldrini, la politica deve velocemente dare risposte ai bisogni dei cittadini.

Voglio subito mettere in chiaro una questione di fondo che riguarda l’Arci, la nostra associazione, a cui è naturalmente rivolto questo editoriale. L’Arci non sostiene i governi e non fa l’opposizione politica a prescindere. L’Arci, come sempre, valuterà gli atti di questo governo, valuterà le cose fatte e quelle dimenticate e sulla base di questi aspetti si comporterà. Noi non siamo un partito ma una grande associazione popolare e questo è il nostro compito.   Ma con altrettanta chiarezza voglio ricordare che alcune delle ultime prese di posizione della nostra organizzazione sono e rimangono scolpite nella pietra e determinano, almeno, il nostro punto di partenza. Abbiamo sostenuto apertamente e con coraggio la coalizione del centro sinistra “Italia Bene Comune” perchè per noi quella era la coalizione del cambiamento necessario, quello più credibile, come dimostrato anche dalla presenza dentro a quella coalizione, come candidati, di moltissimi dirigenti dell’Associazione oltra a quella del nostro presidente nazionale e attuale deputato, Paolo Beni. Dopo il voto abbiamo detto, a chiare lettere, no a qualunque ipotesi di governissimo chiedendo e sostendendo chi avrebbe voluto percorrere altre strade. E infine abbiamo chiesto al centro sinistra coraggio nella scelta del Presidente della Repubblica, indicando Stefano Rodotà quale figura di primo piano su cui convergere.

Partendo da queste tre condizioni – largamente condivise dal nostro mondo – ci misureremo rispetto agli atti del nuovo Governo.   L’esigenza primaria, dentro e fuori l’Arci, è, infatti, quella di dare risposte alle tante domande molte delle quali ancora oggi rimangono inevase, dentro ad una cornice strategica che è necessaria se non vogliamo proseguire nella “navigazione a vista” nel prossimo periodo. La drammaticità della situazione del Paese non lo permette e l’Arci farà il suo dovere, non fosse altro che per senso di responsabilità. Questo, tra le altre cose, è il richiamo alla responsabilità che più ci piace e convince.   Una responsabilità che non può più essere assimilata solo e necessariamente ai richiami delle maggioranze di turno. E noi non possiamo, né vogliamo, accontentarci di posizionamenti superficiali né, tantomeno, vogliamo iscriverci ai tanti club di ultras di questo o quello a prescindere.   Partecipazione, politica e rappresentanza sono e rimangono un nodo serio e complesso.

Nelle discussioni che abbiamo avuto in presidenza nazionale queste tre questioni sono state articolate in modo più chiaro sapendo che non ci sono risposte già pronte e/o soluzioni da prendere meccanicamente a modello ma ipotesi sulle quali noi dell’Arci abbiamo provato a misurarci e continueremo a farlo per dare anche un contributo.   Raffaella Bolini, amica e compagna, le ha articolate dal mio punto di vista in un modo particolarmente convincente : 1) come redistribuire potere dal sistema dei partiti verso il basso (attori sociali, comunità e cittadini); 2) come innovare la democrazia del 51% nell’epoca del valore della diversità; 3) come dare regole efficaci alla democrazia del consenso che è oggi usata dalle reti sociali. A queste potremmo aggiungerne altre, di diverso tipo e di diverso spessore ma, se oggi esistono temi trasversali che interrogano tutte e tutti, non possiamo che partire da qui. Ne va della nostra democrazia e quindi della qualità della vita di ciascuno. Evitando, per noi dell’Arci almeno, di rinchiuderci a riccio su noi stessi magari uscendosene con frasi del tipo “ma a noi che interessa discutere di queste cose?” “I nostri problemi sono altri! Sono che non abbiamo i soldi per pagare l’affitto dei circoli!”.   Molte cose, pur nella difficoltà del momento, si stanno muovendo. Paradossalmente ciò che abbiamo vissuto in queste settimane ha ridato fiato al “voler fare qualcosa”.

In questi giorni di celebrazioni del 25 aprile nei circoli in molti mi hanno avvicinato chiedendomi come poter essere utili, soprattutto adesso. Utili all’Arci per fare e dire delle cose e utili a loro stessi e alla comunità in cui vivono. Mi pare una bella e utile cosa che ancora una volta, se mai ce ne fosse bisogno, dà il senso del valore della militanza associativa. Ben vengano quindi luoghi e/o strumenti di confronto, cantieri aperti, chiarimenti mai avvenuti prima, perchè è solo da una rinnovata capacità di confronto che possiamo ripartire per poi scegliere sulla base dei contenuti.   Oggi ha meno senso dividersi aprioristicamente a favore o contro questo governissimo. Oggi è vitale distinguersi sui fatti e quindi sul programma che si darà questo Governo, evidentemente nato zoppo e poco amato.   Stare sui contenuti ci impone un uletriore sforzo politico: quello di avere chiari gli obiettivi. E credo che per noi l’obiettivo sia e rimanga quello di lavorare per una sinistra politica capace di rappresentare la sinistra sociale che esiste nel paese e che in queste settimane si è fatta viva in modo sporadico e disorganizzato. Oggi non c’è un luogo o un soggetto capace in assoluto di rappresentarla. E manca del tutto anche la rappresentazione di una sola parte e lo scrivo con il massimo rispetto di tutto, di tutte e di tutti.

E’ da qui, dunque, che occorre ripartire e sono convinto che l’Arci, i suoi soci e i suoi dirigenti, hanno voglia e passione per riscoprire quella militanza “per stare dalla parte giusta della vita” di cui oggi sentiamo terribilmente bisogno.   Buon Primo Maggio, compagne e compagni.