E’ stato un periodo lungo e difficile, ora possiamo dirlo con una certa serenità. Un periodo che ha “provato” moltissimi, anche per motivi diversi e talvolta da sponde opposte. L’ho scritto nei giorni immediatamente successivi al 16 marzo scorso che ci saremmo ricordati del Palazzo di Re Enzo come della più brutta avventura della storia dell’Arci ma anche come del più importante momento di cambiamento. L’ho scritto con il mio solito ottimismo ma, ad essere sinceri, all’epoca ci credevo poco anch’io. Aveva preso il sopravvento (come spesso mi capita tra i tanti difetti che mi porto dietro) più il senso del dovere e di responsabilità che sento per il ruolo che ricopro che la lungimiranza e la capacità di analisi.

Quelli che abbiamo vissuto a Bologna nel marzo scorso sono stati momenti drammatici, dovuti a mille fattori che Raffaella Bolini ha ben sintetizzato domenica scorsa sui social. In un momento di grande debolezza della politica e del rispetto reciproco, non parlarsi diventa mortale per una grande organizzazione come l’Arci che della partecipzione ha fatto il suo primo comandamento.

Ne usciamo quindi con un grande colpo di reni. L’immagine calcistica balza subito alla mente: corre l’ottantanovesimo minuto, stiamo ottenendo la qualificazione al turno successivo di un mondiale ancora molto lungo. Mancano 30 secondi scarsi al fischio finale quando un tiro da fuori assume una traiettoria insidiosissima. La palla sbuca all’improvviso, in costante accellerazione e con una traiettoria sempre più beffarda per il nostro portiere. Entra! è impossibile prenderla. E invece no! il nostro grande numero uno con un balzo felino sfiora il pallone alzandolo di poco sopra la traversa, salvando la nostra difficilissima qualificazione. E’ stata durissima ma passiamo il turno e il vero Mondiale inizia solo ora.

Il portiere in questione, è bene ribadirlo, è stato il nostro Filippo Miraglia. Con la sua decisione di scegliere prioritariamente il bene dell’associazione ha permesso il passaggio ad una nuova fase per l’Arci. Un fase di cambiamento reale di cui in tanti, trasversalmente, abbiamo sentito e sentiamo il bisogno. Il nostro capitano, dal prossimo turno in poi, sarà Francesca Chiavacci. A lei spetta la leadership di una squadra che rinnovandosi speriamo metta in luce tante e tanti “fenomeni”. Già perchè a noi non sfugge che non sempre il capitano è anche il “fenomeno” della squadra. Anzi pensiamo che siano proprio due ruoli ben distinti e il calcio è pieno di esempi di questo tipo. Tutti però al servizio di una squadra che ha un capitano riconosciuto dai più e che deve, adesso, farsi riconoscere da tutti, senza eccezzione alcuna. Filippo, poi, ci dà ulteriore tranquillità perché rimane il nostro insuperabile portierone, e si sa che, di questi tempi, prima di tutto occorre non prenderle…

E’ una fase inedita come inedito è stato questo ‘finale di stagione’. Tutte le grandi squadre, del resto, dopo un glorioso ciclo, rischiano di fare brutte figure perchè tendono ad adagiarsi sugli allori e a chiudersi in se stesse. Così abbiamo fatto noi e così ha fatto il mondo che ci circondava. Questo rilancio potrà contare anche su un nuovo presidente onorario: Luciana Castellina, forse l’unica persona in grado di succedere all’indimenticabile Arrigo Diodati. Un presidente che non permetterà, tra le altre cose, dispute inutili negli spogliatoi e che sosterrà il nostro capitano e tutta la squadra con lungimiranza.

Infine ci siamo noi di Arci Liguria. Come ho detto anche in queste settimane sono orgoglioso del gruppo dirigente che mi sorregge e mi accompagna in questa straordinaria avventura. Un gruppo che ha infuso serenità e sicurezza a tutta l’associazione nonostante il mare in tempesta. Serenità data dalla consapevolezza che in Liguria abbiamo fatto tutto quello che dovevamo per il bene dell’Associazione e con la convinzione che rifaremmo tutto come abbiamo fatto, ivi compresa la ricerca spasmodica di un accordo fino alla fine.

Voler bene all’Arci ha significato tentare tutte le strade della diplomazia come abbiamo giustamente fatto, con i nostri limiti e i nostri difetti. Fare accordi significa perdere tutti un po’ e vincere tutti insieme. Un gruppo dirigente infine che ha potuto sostenere questa grande responsabilità perché maturo, coraggioso e capace. Responsabilità, lo specifico ad alcuni, non significa e non ha significato “calarsi le braghe”: non bisogna mai stravolgere il significato delle parole. Vi è stato quindi un passo avanti da marzo ad oggi, un salto in avanti non facile ma non credo si sia trattato di ipocrisia come qualcuno, sempre scontento, ha detto.

Siamo usciti dal congresso con una rappresentanza ligure fortemente rinnovata nei suoi consiglieri nazionali e con la conferma di Giovanni Durante nel Collegio nazionale di garanzia. Degli otto consiglieri eletti la metà sono alla prima esperienza, segno di un concreto rinnovamento:  a tutti loro voglio augurare buon lavoro, perché saranno quattro anni intensi e, confido, belli. Un grande grazie ai consiglieri nazionali uscenti per il lavoro che hanno svolto in questi quattro anni, in Consiglio Nazionale e nei gruppi di lavoro. Un grazie ancora più sentito per il lavoro associativo che continueranno a svolgere con la passione di sempre.

E adesso si comincia sul serio. #Avantipopolo!