Sono passati 20 anni da quando Arci Sicilia e Rita Borsellino idearono, dopo le stragi del 1992-93, il più lungo viaggio nella storia civile di questo paese. Da quella straordinaria intuizione ne nacque un’altra: Libera grazie anche a Don Ciotti e Tom Benetollo, allora presidente dell’Arci. Da allora migliaia di chilometri percorsi, dentro e fuori l’Italia, centinaia e centinaia di città, paesi, borghi per un’azione di nuova resistenza, in viaggio. Un viaggio, come scriviamo oramai da 20 anni, per la legalità democratica, strada obbligata per raggiungere l’obiettivo, ovvero i diritti e la giustizia sociale. Ci si mette in viaggio quando si vogliono visitare luoghi diversi da quello in cui viviamo e operiamo e vogliamo conoscere persone che hanno da raccontare cose nuove che neanche si immagina di potere scoprire. A volte ci si mette in viaggio quando si vuole andare a trovare qualcuno per rafforzare con la presenza fisica la nostra intenzione di essere parte importante della sua esistenza e del suo percorso. Altre volte ancora si viaggia per portare qualcosa di noi nei luoghi che si attraversano. La Carovana Antimafie si è rimessa in viaggio per la ventesima volta esattamente per tutte queste ragioni. Una Carovana Antimafie che attraversa il territorio e si fa attraversare con un percorso a tappe che si propone di portare solidarietà a coloro che in prima fila operano per la legalità democratica e la giustizia sociale. Per promuovere con forza impegno sociale e progetti concreti. Questa è la Carovana Antimafie. Il filo rosso che lega tutte le tappe di questa ventesima edizione è quello della lotta alla tratta degli esseri umani. Parliamo dei ‘nuovi schiavi’, di coloro di cui nessuno vuol sentire parlare e di cui ci si accorge solo quando affonda qualche carretta in quel tratto di mare compreso tra le coste siciliane e il nord Africa. Uomini e donne che non hanno diritti, lacerati dalle logiche per cui il profitto conta più dell’essere umano. Spesso e volentieri nelle mani della criminalità organizzata. Per i mafiosi in fin dei conti si tratta di spostare merci, non uomini, non donne. Parliamo di milioni di persone in tutto il mondo che vivono ancora in condizione di schiavitù e sottomissione. Schiavi ieri nelle piantagioni di cotone, schiavi oggi nei campi di casa nostra a raccogliere pomodori o a consegnare droga nelle nostre città. Nessun diritto. Solo obbedienza e solo ricatti. E poi le donne, imprigionate dalle rotte di gente senza scrupoli che le vende e ne abusa. Ecco questa è la Carovana. Non parliamo sempre di cose belle ma raccontiamo la realtà. Una realtà drammatica a cui troppi si sono abituati. Come quelle carrette che continuano ad affondare nel Canale di Sicilia vissute da tanti, troppi, come fosse una calamità naturale. Siamo partiti da Roma nell’aprile scorso e arriviamo il Liguria in una primavera di fioriture. Una terra straordinaria ma anche una terra di cosche. Oramai lo sanno anche i muri. A ponente come a levante, l’immagine di una metastasi che sta divorando tutto e tutti. Un metastasi che non abbiamo preso per tempo e che, probabilmente, non abbiamo voluto vedere. Ed è per questo che la Carovana deve passare per la nostra Liguria. Mai imperativo fu più appropriato. E passerà. La settimana prossima sarà Sarzana, Lerici, Genova e Imperia. Non sarà la semplice somma di diverse iniziative ma un lavoro continuo per creare relazioni tra le persone e le reti comunitarie, combattere la solitudine di chi è costretto a “combattere” da solo, mettendo al centro l’attenzione, la tutela dei luoghi di aggregazione, degli spazi di socialità che combattono il degrado e la marginalità sociale – terreni in cui le mafie e la criminalità prosperano. Un viaggio vero dunque e una Carovana che ha bisogno di anche di voi. Perché in fondo siamo un po’ convinti che a volte è più utile viaggiare che arrivare; se serve anche in “direzione ostinata e contraria” come ci ha insegnato Don Andrea.