E’ un periodo molto intenso nonostante la pausa estiva sia alle porte. A proposito di editoriali occorrerebbe scrivere su moltissime cose che meriterebbero tutte allo stesso modo. Il 18 luglio – in concomitanza con quello che sarebbe stato il suo ottantaseiesimo compleanno – la Comunità di San Benedetto inaugurerà Piazza Don Gallo nel cuore del centro storico genovese, proprio in quel ‘ghetto’ che il Gallo amava tanto.

C’è poi alle porte la ricorrenza delle giornate di Genova 2001, per cui – nell’ambito della nostra Sagra Urbana – abbiamo deciso di presentare il libro di Giuliano Giuliano “Non si archivia un omicidio” che racconta molto bene quello che è successo in piazza Alimonda quel 20 luglio maledetto alle ore 17.22…

Questa volta, però, mi concentrerò sulla vera novità del momento, partorita dal Governo Renzi in stretta collaborazione con una delle società più “chiacchierate” del paese, la SIAE.

Il Ministro Franceschini, attuale reggente del dicastero della Cultura, ha infatti deciso di introdurre una nuova tassa e di denominarla “equo compenso”. Ora, chi da tantissimi anni prova ad organizzare eventi ed iniziative, chi prova a far circolare la Cultura, quella con la C maiuscola, accessibile un po’ a tutti, sa bene di che cosa stiamo parlando: il cosiddetto “equo compenso” alla SIAE assomiglia più ad una presa per i fondelli che ad altro. E credo lo sappia bene anche il Ministro Franceschini da cui, francamente, ci saremmo aspettati altre priorità in termini di cultura.

Questo ‘compenso’ verrà pagato indirettamente da tutti i cittadini che acquisteranno un prodotto che può memorizzare un contenuto digitale: quasi 5 euro all’acquisto di uno smartphone o di un tablet da 32 Gb, 5,20 per un PC, 0,36 centesimi di euro all’acquisto di una pendrive usb da 4 Gb e tanto di più se maggiore ne sarà la capacità di memorizzazione.

Poco importa al ministro, evidentemente, se da una ricerca commissionata dal suo predecessore, Bray, si evince che solo il 13% dei consumatori fa effettivamente copie private e di questi solo un terzo usa smartphone e tablet per archiviarle.

La Siae, presieduta da Gino Paoli, ricaverà così ogni anno almeno altri 100 milioni di euro, circa, la cui ripartizione agli aventi diritto, autori ed editori – come ha opportunamente fatto notare il responsabile nazionale cultura dell’Arci, Carlo Testini – è praticamente impossibile e lascia così alla stessa Siae la possibilità di confermare i collaudati metodi di calcolo che, storicamente, sostengono gli autori più noti. Detratto qualche milione, a copertura di presunti ‘costi di gestione’.

Davvero non bastano i soldi che, a mio modesto avviso ingiustamente, dobbiamo versare ogni giorno alla Siae per la presunta tutela del diritto d’autore?

Per questo molte organizzazioni musicali e culturali, compresa l’Arci,hanno chiesto che il 50% di questi introiti venga usata dalla Siae per sostenere progetti di giovani autori e festival che promuovono la giovane creatività.

Il Ministro Franceschini e Gino Paoli hanno assicurato che ciò verrà fatto. C’è da sperare che l’intergruppo dei Parlamentari per la musica, costituitosi il 21 giugno scorso, vigili perché questo avvenga.

Sia chiaro, qui non si tratta di essere a favore o contro il diritto d’autore, anche se noi, detto per inciso, da tempo stiamo promuovendo le Creative Commons, ossia le licenze libere e accessibili.

Quello che (ci) chiediamo è se davvero uno uno strumento privato come la SIAE sia utile alla causa che dovrebbe tutelare?

Chiariti questi aspetti ben vengano le tasse per una politica seria e all’avanguardia per la promozione della musica, magari partendo dai più giovani. Perché per noi la cultura è anche questa cosa.

Caro Presidente Renzi e caro Ministro Franceschini, smettiamola quindi con gli annunci mirabolanti che nascondono i colpi bassi. Non è ritornando a chiamare le feste del partito democratico “Feste dell’Unità” che rimettiamo in moto una politica nuova, attenta, progressista e di sinistra. Servono azioni concrete e positive, l’esatto contrario di quello che avete fatto con questo “iniquo compenso”.