Vi è una parte sempre più consistente di paese che ama le discussioni inutili. E’ un punto di vista del tutto personale sia chiaro ma l’impressione è proprio questa. Ne ho l’ennesima riprova anche in queste ore dove a destra come a sinistra ci si lamenta (altro sport nazionale) della pochezza della nostra sinistra che, incapace di idee proprie si rifugia nelle speranze degli altri. Tsipras, Podemos, prima ancora Obama e così via.
Certo vi è un fondo di verità, a cominciare dall’inutilità della sinistra italiana – ampiamente intesa – in questi ultimi vent’anni. Una sinistra percepita come vecchia, stantia, inutile appunto, che poco o nulla ha fatto e soprattutto una sinistra che ha perso completamente la bussola e il suo orizzonte ideale e valoriale.
Se vogliamo renderla una discussione utile (e meno superficiale) occorre chiarire alcuni aspetti e affrontarne con chiarezza e onestà intellettuale altri. Il primo è dirci una volta per tutte di chi stiamo parlando quando parliamo di sinistra? Degli attuali partiti? degli attuali leader politici? dei gruppi dirigenti? o, come penso io, dei cittadini che sentono di avere una idea del mondo vicina ai principi cardine della sinistra: giustizia, solidarietà e uguaglianza.
La stragrande maggioranza dei cittadini non si riconosce più negli apparati attuali e nelle formule odierne ma non per questo rinuncia alle proprie idee e ai valori in cui ha sempre creduto. Spesso non vi rinuncia, rinunciando per contro al voto pur di non votare più “il meno peggio”. Da qui credo nasca l’entusiasmo, la passione per ciò che accade fuori dal nostro Paese; una passione che in fondo è una speranza che anche in Italia ai pensieri e ai valori possano seguire le pratiche e le scelte per cambiare un sistema in cui facciamo fatica a riconoscerci e che, in fondo, fatichiamo ad accettare. Speranza e bisogno di buoni esempi e di leader credibili. Del resto, come spesso ci ripetono proprio i compagni greci, loro la sinistra l’hanno conosciuta grazie a noi. Sono venuti a studiarla qui in Italia, prima grazie al più’ forte e radicato movimento operaio d’occidente e poi alla fine degli anni novanta/primi del duemila con quel movimento che divenne protagonista a Genova nel 2001. Protagonista per le tematiche, per l’agenda politica, per le pratiche e per il metodo nonostante una violentissima repressione di stampo fascista.
In questo senso non mi sento uno stupido a sperare che Tsipras e la Grecia possano segnare un punto di svolta nei rapporti tra sistema finanziario, comunità europea e stati membri. Anzi, sento che un risultato lo hanno già ottenuto mettendo a nudo l’unico ruolo che l’Europa ha deciso di esercitare nei confronti del mondo e dei propri stati membri: quello dell’agenzia di riscossione per conto terzi in particolare del Fondo Monetario Internazionale. Assente in politica estera; inutile di fronte alle trasformazioni determinate dai flussi migratori di milioni di donne e uomini; rinunciataria rispetto al ruolo politico di guida che pure le spetterebbe. E si potrebbe continuare per molto.Un secondo merito del governo greco è l’aver perseverato nell’idea che la strada non era quella dell’uscita dall’Euro e dall’Europa ma il tentativo di rimettere in moto un nuovo modello centrato sulla crescita e sul benessere degli stati membri e dei cittadini. Il modello austerità non può essere più perseguito. Le facili ricette dei no euro nostrani, da Grillo a Salvini passando per la semisconosciuta Meloni, oggi vengono messe a nudo nella loro profonda matrice populista e demagogica.
A nessuno conviene uscire e i greci sanno, per primi, quanto sarebbe impossibile resistere fuori dal contesto europeo. Ma al tempo stesso non è più possibile solo ubbidire. E il discorso di Alexis Tsipras al popolo greco e’ stato da questo punto di vista di una potenza indescrivibile. Coraggio, cuore, responsabilità, valori, lotta, ideali, pragmatismo e visione. Tutto ciò si fonda su un unico vero punto: la Grecia non è contro l’Europa ma per una nuova Europa, un’Europa dei popoli. Quella stessa Europa sognata e teorizzata a Ventotene da Altiero Spinelli. E tutti noi non possiamo che essere riconoscenti ai greci per la battaglia che stanno conducendo anche per nostro conto. Non possiamo girarci dall’altra parte dunque; dobbiamo fare nostra questa battaglia e rivendico orgogliosamente il fatto di guardare con speranza a ciò che i greci stanno facendo anche per noi.
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