Arresti domiciliari per tre alti dirigenti della Polizia di Stato condannati per le violenze alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001. I tre avevano presentato domanda per l’affidamento in prova ai servizi sociali, ma il giudice di sorveglianza l’ha respinta. Stesso provvedimento era stato emesso nelle settimane scorse per altri esponenti ‘minori’ delle forze del’ordine coinvolti nella ‘macelleria messicana’ della Diaz. Gran parte della pena è stata cancellata dall’ indulto del 2006, ma la decisione del giudice tenta di provare, pur tra mille difficoltà, a ribadire un principio fondamentale: non ci possono essere zone franche, nè impunità garantite dalla divisa che si indossa.

Credo quindi che i magistrati che hanno respinto la richiesta di affidamento ai servizi sociali abbiano correttamente sanzionato l’arrogante rifiuto dei condannati a riconoscere le loro colpe, e quindi implicitamente a chiedere scusa alle loro vittime e agli italiani in generale, e penso che questo dovrebbe far riflettere chi, a tutti i livelli, a suo tempo ha preferito ignorare la realtà. Scuse che, è bene ricordarlo, non sono mai venute neppure dai governi che si sono succeduti.

Quella del G8 2001 è destinata ad essere quindi un’altra di quelle ferite che, purtroppo, non si rimargineranno mai completamente. Alle violenze in piazza, spesso gratuite e/o contro persone inermi, seguite dal massacro della Diaz e dalle torture a Bolzaneto, si sono aggiunti poi fatti gravissimi: le promozioni per i responsabili di quegli episodi, il rifiuto di varare una commissione parlamentare d’inchiesta, l’archiviazione senza processo dell’omicidio di Carlo Giuliani e il comportamento ‘singolare’ della polizia, prodiga di indagini nei confronti dei manifestanti e ‘poco collaborativa’ sul fronte delle indagini interne.

L’impressione di impunità delle Forze dell’Ordine per i fatti di Genova – solo in parte corretta dalle recenti condanne – ha gravemente minato il rapporto fiduciario tra queste e i cittadini; incrinatura che è apparsa in tutta la sua evidenza anche dal recente servizio del programma di Rai Tre Presa diretta sulla ‘mala-polizia’.

È poi innegabile che le pene inflitte ai manifestanti – ritenuti responsabili di danneggiamenti a cose – siano assolutamente spropositate se paragonate a quelle comminate, molto tardivamente, ai responsabili di gravi episodi di violenza contro persone. Per i primi è stato ripescato un reato da tempo di guerra come ‘devastazione e saccheggio’, mentre gran parte dei secondi hanno beneficiato della non casuale mancanza nel nostro codice penale del reato di tortura».