Genova non ha avuto il tempo di elaborare il lutto per la tragedia avvenuta in Porto – quel Porto che spesso ho raccontato come una delle anime della città – e ha dovuto fare i conti con la perdita dell’altra sua anima, Don Andrea Gallo. Dalla Comunità alla Trattoria tutto si richiama al Porto, ai Portuali, ai Camalli per dirla alla genovese.

Don Gallo era quell’anima capace di scegliere, senza infingimenti e senza mai un tentennamento, gli ultimi. E “ultimi” non erano sono solo i più poveri, i tossici che provano a riscattarsi la vita, i migranti, i detenuti. Gli ultimi spesso erano anche importanti uomini e conosciute donne che davanti a Don Gallo potevano evitare di fingere di essere qualcuno/a e, finalmente poteva tornare ad essere loro stessi, debolezze incluse.

Giustamente Moni Ovadia nell’orazione civile tenuta al termine dei funerali ha detto che Don Andrea Gallo “era uno e trino”.

Andrea era un padre, sempre presente e sempre a disposizione, per sostenerti o per farti capire che stavi sbagliando. E lo faceva con i suoi metodi diretti e sinceri, con il suo modo di fare apparentemente burbero e testardo.

Don Gallo non era un eroe o un leader. O almeno non solo. Era soprattutto un uomo amato e rispettato, capace di essere in taluni momenti una diga straordinaria in grado di arginare tensioni e malesseri. Lui si metteva alla testa di quelle tensioni e le cpilotava. Non per mediarle. Anche. Ma soprattutto per far si che alle tensioni seguisse l’ascolto e l’attenzione che le stesse meritavano.

Anche i suoi denigratori oggi non possono far altro che riconoscere al Gallo una coerenza e una forza d’altri tempi.

Ma la vera “arma segreta” del Gallo era una dolcezza e una passione disarmanti.

In questi giorni mi è piaciuto immaginarlo in viaggio verso tanti amici che tornerà ad incontrare, uno dei quali è certamente il nostro Tom.

Non sfuggiva mai al Don, qualunque fosse l’argomento, un pensiero ed un ricordo del nostro amato presidente. Ecco forse ora potranno ritrovarsi e magari raccontarsi le cose che non sono riusciti a dirsi e le cose che sono accadute nel frattempo. Amava dirmi di Tom “che grande uomo…e non perchè era alto! Se oggi ci fosse ancora lui potremmo disporre di una testa e un cuore in più per la sinistra. Questa malandata sinistra”.

Andrea è stato un padre e un fratello maggiore anche per me. E sapeva esserlo davvero. Lo sentivo per avere il “via libera” per una iniziativa o per una dichiarazione. Quello con cui discutere di politica e delle cose che accadono in città e in Regione. Quello con cui ipotizzare cose da fare e priorità da identificare. Era anche quello con cui parlare del Genoa, il Grifone, una delle nostre passioni o con cui farsi due risate con le sue battute. Oggi il dolore e’ più forte dei ricordi belli che, fortunatamente, pian piano cominciano ad affiorare, anche se ci vorrà del tempo. Oggi, però, è soprattutto il momento di stare vicini alla Comunità di San Benedetto, la sua creatura.

Come l’Arci, San Benedetto non era la casa solo dei suoi associati. San Benedetto è stata ed e’ una casa comune insieme all’Arci. A Genova come in tutta la Liguria. Un punto di riferimento anche politico.

E’ stato importante, ma soprattutto naturale, per noi “stare in mezzo al popolo del Gallo” sabato a suoi funerali. Un popolo di cui ci sentiamo parte come Arci e che nella nostra declinazione amiamo chiamare “sinistra popolare”. Un popolo enorme che, grazie a lui, si è ritrovato sabato e che andava dalla tifoseria organizzata del Genoa alle autorità cittadine e regionali.

Capisco che in questi momenti ci sia il rischio che la retorica prevalga sul buon senso e sulla misura. Lui stesso sarebbe stato il primo a non gradire una storia fatta solo di elogi. Non a caso è stato un uomo, un prete e un cittadino davvero straordinario.