Ucraina: ogni nostro gesto di accoglienza e solidarietà è un fiore nella bocca dei fucili


Basta tornare indietro di sei mesi per rendersi conto che nessuno poteva immaginare una guerra dopo la pandemia.
Una guerra che non è la prima in Europa come viene ossessivamente ricordato da un mese da quasi tutti i media ma è la prima volta che l’Europa si misura con una possibile escalation nucleare.
Dicevamo non è la prima in Europa dato che i Balcani nei primi anni 90, a pochi passi dai nostri confini nazionali, sono stati abbandonati al loro destino in una guerra fratricida senza eguali. Proprio quest’anno peraltro ricorre il trentesimo anniversario dell’assedio di Sarajevo che, come un monito, ci ricorda quanto non esistano e non siano mai esistite le guerre giuste o giustificabili. Le guerre da che mondo è mondo ammazzano soprattutto le popolazioni civili come sta avvenendo in Ucraina in queste terribili giornate.

Non possiamo nasconderci in senso d’impotenza di fronte alle immagini che da oltre un mese ci arrivano dal territorio ucraino. Una impotenza che dilania e che ci divide tra chi istintivamente vorrebbe imbracciare un fucile e chi, meno istintivamente, crede fermamente nel principio non violento.
In questa schizofrenia generalizzata, lacerante, incentivata da una propaganda di guerra che ha ormai raggiunto livelli di guardia inimmaginabili nel “democraticissimo” Occidente, noi abbiamo faticosamente scelto l’impegno concreto. E il terreno è quello dell’accoglienza di chi scappa dalla guerra, del sostegno concreto alle comunità che accolgono e di vicinanza a chi è rimasto in patria con la speranza che tutto questo possa concludersi presto.
Non solo, il terreno è anche quello del sostegno alle reti associative amiche della Polonia che stanno dall’inizio del conflitto accogliendo ai confini con uno sforzo encomiabile, troppo spesso lasciate sole dalle loro Istituzioni.

Luciana Castellina anche in occasione della straordinaria mobilitazione pacifista delle scorse settimane ci ha ricordato di quanto “siamo stati distratti nelle lunghe fasi in cui i disastri venivano preparati”; di quanto non abbiamo posto attenzione alla questione Europa quando si stavano ponendo le basi per la sua nascita che avrebbe dovuto essere “una Europa senza missili dall’Atlantico agli Urali” e disattenti per quanto accaduto nel 2014 in Crimea e Donbass. Disattenzioni che devono suonare come autocritiche al nostro mondo.
Proviamo in queste settimane ad invertire la rotta; studiamo, cerchiamo di conoscere quello che sta accadendo più da vicino; organizziamo la solidarietà e l’accoglienza pensandolo anche come strumento politico pur con tutte le contraddizioni del caso e del momento.
Facciamolo nel piccolo come nel grande perché ogni gesto è un fiore nelle bocche dei fucili.

E, soprattutto, continuiamo a non perdere la voglia di costruire un mondo diverso da quello che ormai da troppo tempo ci sta molto stretto.

 

Walter Massa, Presidente Arci Liguria

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