Dichiarazione di Paolo Beni, presidente nazionale Arci –

In considerazione delle molte imprecisioni che riscontriamo nel dibattito che si sta sviluppando sugli organi di stampa a proposito delle esenzioni dal pagamento dell’Ici a favore di enti ed associazioni, intendiamo precisare quanto segue:

1.       Non è vero che i tutti i 5.500 circoli Arci presenti sul territorio nazionale non versino l’Ici, la grande maggioranza di essi la paga invece regolarmente.

2.       I circoli Arci rientrano pienamente nella tipologia degli enti a cui l’articolo 7 della Legge istitutiva dell’Ici concede l’esenzione dall’imposta, in quanto spazi adibiti ad attività culturali, ricreative e sportive di utilità sociale e senza finalità di lucro. Tuttavia, in forza dei vincoli e delle limitazioni poste dai regolamenti di applicazione dell’imposta, solo pochi circoli possono realmente usufruire di tale agevolazione.

3.       Infatti l’esenzione si mantiene solo per quegli immobili che oltre ad essere adibiti all’attività istituzionale del circolo siano anche di proprietà del medesimo. In realtà la stragrande maggioranza dei circoli Arci non è proprietaria dell’immobile in cui svolge l’attività, ma in affitto. In tutti questi casi il proprietario dell’immobile è comunque tenuto a versare l’Ici.

4.       Inoltre l’Ici viene pagata ogni qual volta l’immobile ospita attività di tipo commerciale, ancorché strumentali e funzionali alle attività istituzionali del circolo Arci.

Fatto questo doveroso chiarimento, riteniamo che le agevolazioni Ici attualmente previste dalla legge per gli immobili destinati ad attività di rilevanza e utilità sociale siano un giusto incentivo all’iniziativa di enti ed associazioni che svolgono un ruolo prezioso di interesse generale nelle nostre comunità, e debbano pertanto essere mantenute. Ciò che qualifica il diritto all’esenzione non deve essere la natura dell’ente proprietario, religiosa o laica che sia, ma l’effettivo valore sociale delle attività svolte.

Pensiamo che anche la discussione apertasi in merito ai beni di proprietà della Chiesa non debba sfuggire a questi criteri generali. E’ bene che anche la Chiesa sia tenuta, come ogni singolo cittadino o organizzazione sociale, al pagamento dell’imposta per i beni di sua proprietà nel territorio dello Stato italiano. Detto questo, è giusto che gli immobili di proprietà della Chiesa adibiti alle attività non commerciali e di utilità sociale previste dall’articolo 7 godano dell’esenzione.

E’ bene che le agevolazioni ci siano e che premino le attività di interesse generale e di utilità sociale. Non è ammissibile che se ne usufruisca per attività commerciali con finalità di lucro. Se ci sono abusi vanno perseguiti, ma è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio. Deve essere affidato agli Enti Locali il compito di verificare l’effettivo utilizzo degli immobili e sulla base di questo il diritto o meno di usufruire delle esenzioni.