Sono passati già quindici anni da quel luglio 2001. Tanti, troppi e pochi allo stesso tempo. Tanti perchè la mia generazione che in quel periodo maturò una forte consapevolezza politica, indicando storture e danni di quella che si consolidava come la “rivoluzione turbo capitalista”, ossia la globalizzazione, oggi è spersa, irrintracciabile, oltremodo divisa. Troppi perchè da tempo girando per le scuole, incontrando studenti, il nome di Carlo Giuliani, i fatti di Genova sono un ricordo assolutamente sbiadito, un racconto di altri che appare ancora inverosimile. Pochi perchè le ferite di quelle giornate, la violenza inaudita delle “forze del disordine” contro quel movimento di uomini e donne colpevoli di chiedere un mondo diverso, sono ancora dolorose e non hanno sopito del tutto la rabbia e la paura vissute. Si arrestò con il sangue e le botte ciò che non si era riuscito a fermare con le parole e la politica; a nulla valse il vuoto che ci crearono attorno forze che fino a quel momento avevamo considerato comunque vicine. Si disse solo alcune settimane dopo che non era pomodoro quello alle pareti della Diaz e neanche le aule di giustizia restituirono fino in fondo la Giustizia alle vittime di quella violenta, pensata e voluta, repressione. Come sempre si usa in queste occasioni ci presentarono timidamente i due/tre capri espiatori da sacrificare al pubblico ludibrio ma nulla più. Come a Ustica, come in Piazza Fontana, come alla Stazione di Bologna, anche a Genova quello che accadde rimane nel mistero e a nessuno è mai interessato fino in fondo accertare la responsabilità politica di quelle giornate. Perchè, è fuori di dubbio, quella c’è ed esiste. Come esiste una responsabilità politica gigante di chi non ha mai voluto accertare le cause, i colpevoli e i mandanti dell’omicidio di Carlo preferendo rappresentarlo alla stregua di un terrorista, estrapolando quei drammatici momenti dal contesto generale. Per molti di noi  saranno giornate importanti come da quindici anni a questa parte; molti di noi lo si ritroveranno per non dimenticare e per continuare a chiedere verità e giustizia. Molti di noi ribadiranno la volontà di continuare a battersi per quel mondo migliore che intendiamo ancora oggi realizzare. A cominciare dal contrasto a quel razzismo sempre più dilagante che è oggi la vera frontiera tra la barbarie indicata a suo tempo dalla globalizzazione e il “nostro” mondo migliore possibile.